Negli anni 70 e 80 le parolacce erano piuttosto marginali, ora dilagano

Tullio De Mauro, linguista, ex ministro dell'Istruzione con uno sguardo sempre attento a come gli italiani usano la madre lingua, non è colpito dalle pessime abitudini dei politici in fatto di brutte parole e cattive maniere. Quello che succede in Parlamento "non è la causa ma è l'effetto di una tendenza generale al parlare un po' 'scollacciato'", dice intervistato da LaPresse. Ultimo caso il senatore Maurizio Gasparri che, durante il Family day, per insultare un giornalista lo ha definito "handicappato". Di recente "abbiamo fatto un lavoro di accertamento del vocabolario di alta frequenza in uso in italiano, confrontabile con quello che era stato fatto nel 1970 e ripreso nel 1980 – racconta il professore -. Ebbene, a trenta e più anni di distanza una delle novità più clamorose è che emergono nel vocabolario di alta frequenza, usato in testi di ogni tipo, un bel gruppo di male parole".
Insomma, la politica specchio di un Paese nel quale sul fronte insulti spesso non si sa tenere la lingua a posto… e a volte neanche le mani.

"Negli anni Settanta e Ottanta le parolacce esistevano naturalmente – sostiene De Mauro – ma non comparivano con grande frequenza ed erano piuttosto marginali: non apparivano negli scritti nè sui giornali ma prevalentemente nell'avanspettacolo. Invece adesso dilagano. Soltanto i testi accademici sono, almeno per ora, privi di male parole. Ma giornali, letteratura, romanzi, teatro, cinema, televisione, perfino aule giudiziarie, vedono frequentemente occorrere il gruppetto delle male parole più clamorose". E per dirla tutta "sulla stampa sono più presenti che nel parlato comune. I giornalisti si compiacciono nell'usarle", chiosa De Mauro.

Tornando al turpiloquio dei parlamentari, al fenomeno siamo quasi abituati perché non è affatto recente: "L'abuso di male parole da parte dei politici risale almeno agli anni Novanta – dice l'ex ministro -. Negli anni 90 abbiamo fatto una raccolta di espressioni dei politici e posso assicurarle che abbondavano già allora". Per ricordare tempi migliori da questo punto di vista "bisognerebbe andare molto indietro e risalire forse a metà Novecento – spiega De Mauro – alla Costituente, ma all'epoca in generale tutte le abitudini della politica erano più controllate. Anche perché c'era un livello culturale medio superiore".

"Il sospetto – aggiunge il linguista – è che questi fenomeni eccessivi servano a coprire una scarsa capacità di usare le risorse più appropriate della lingua. Come l'abuso di anglismi che nasce per moda ma anche perché non si usano le risorse della lingua per dire le cose più comuni". Non c'è da stare allegri dunque, ma forse neanche da preoccuparsi troppo, dice De Mauro, secondo il quale tutto sommato parolacce e gestacci, anche in politica restano sempre circoscritti "ad usi molto marginali". "Certo – sostiene – ci ricordiamo tutti di Berlusconi che diceva 'quelli che non sono d'accordo con me sono dei coglioni', però poi ha detto un altro milione di cose senza dire parolacce e tutti noi diciamo milioni di cose senza dirne. Questi fenomeni sono sgradevoli ma sono fenomeni di punta, abbastanza marginali: sono spume che ci colpiscono ma poi le onde del mare sono un'altra cosa. Siamo colpiti da un fatto e pensiamo che questo fatto stia sconvolgendo la lingua di Dante. Ma la lingua di Dante è molto più complicata e non si lascia sconvolgere tanto facilmente, neanche dalle cattive abitudini e dalle parolacce dei politici".

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