E sulle amministrative il premier insiste: "Solo un voto locale"
"È ovvio anche che il Pd — anche in caso di vittoria — deve affrontare un problema interno perché non è possibile continuare con un gruppo dirigente che tira e altri che tutti i giorni lavorano per dividere. Ci parliamo tra noi e invece dovremmo parlare alla gente". Queste le parole del premier e segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, in un'intervista al Corriere della Sera. "Chi non ci vota più per colpa mia non mi accusa di aver cambiato troppo nel Pd. Mi accusa di aver cambiato troppo poco. Mi accusano di aver mediato fino allo sfinimento con tutte le correnti e le correntine del Pd. Ogni giorno ho cercato di mediare, di discutere, di tenere buoni tutti. Dobbiamo cambiare di più, non di meno", è l'annuncio, che suona quasi come una minaccia, di Renzi.
Quanto alle contestazioni ricevute dalla platea di Confcommercio, "ho preso i fischi dal primo giorno e continuerò a prenderli, mettendo la faccia ovunque". Le elezioni amministrative? "Sono un passaggio locale, stiamo parlando di episodi territoriali, non di un voto nazionale", insiste il premier, "io credo che sia poco corretto fare analisi di politica nazionale sul voto amministrativo. Ma se proprio si deve fare, dico che non mi fa paura chi fa politica contro qualcuno. Se c’è una novità che ho portato — fin dall’inizio del travagliato rapporto con Berlusconi — è stata quella di fare politica per un’idea e non contro un nemico".
Sul referendum di ottobre sulla riforma della Costituzione, infine, Renzi sottolinea che "sulla scheda c’è la possibilità di avere un Paese più semplice o di mantenere il sistema com’è. Di superare finalmente le storture del bicameralismo paritario e dare governabilità o continuare con inciuci, larghe intese e piccoli cabotaggi. Di attaccare quella che viene ritenuta la casta della politica riducendo le spese per parlamentari e consiglieri regionali o tenersi il sistema politico più costoso d’Occidente. Io credo che un elettore deluso, che magari vota 5 Stelle o Lega, al referendum voterà sì. Poi alle politiche del 2018 magari sceglierà un altro premier. Ma quel premier, ammesso che vinca, potrà governare".
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