"Chiedo un No per fare seriamente le riforme e non impedirle", l'ex premier lancia la sua proposta alternativa
"Se vincerà il No e Renzi insisterà nel volersi dimettere, dopo di lui non ci sarà il diluvio, semmai il buonsenso", "se cade questa pasticciata e confusa riforma, il Parlamento non soltanto potrà non essere sciolto – e da questo punto di vista confido nella saggezza del Capo dello Stato – ma io credo che ci saranno anche un governo, se necessario, e una nuova legge elettorale", "le dimissioni sono qualcosa che lui (Renzi, ndr) ha gettato nella mischia per ragioni politiche, legittime, ma tutte sue. Per la verità nessuno chiede le dimissioni di Renzi. Se non Renzi. E in ogni caso a quel punto si potrebbe fare una riforma, condivisa, chiara e rapida". Lo afferma Massimo D'Alema in una intervista alla Stampa.
NO A CLIMA DI PAURA. Inoltre sottolinea: "Si vota sulla Costituzione e si dovrebbe farlo con un confronto sereno anziché in un clima di paura, dominato dal preteso rischio di ingovernabilità e addirittura di recessione di cui Confindustria si sta facendo portavoce. Ma attenzione: in questa fase l'opinione pubblica, se si sente ricattata da una campagna palesemente menzognera, si irrita". Secondo l'ex premier "sarebbe stato corretto formulare diversi ddl per i punti della riforma e consentire ai cittadini di rispondere ai quesiti, con un sì o con un no, ma evidentemente si è preferito impostare il referendum come un plebiscito".
PROPOSTA ALTERNATIVA. "Ho avanzato una proposta alternativa. E chiedo un No al referendum per fare seriamente le riforme e non impedirle. Le riforme serie sono quelle condivise e non imposte a maggioranza". Lo sostiene D'Alema nell'intervista nella quale lancia la sua proposta: "Penso a una riforma che preveda tre articoli. Scritti in italiano, non in politichese. Primo: è ridotto il numero complessivo dei parlamentari. Duecento deputati e cento senatori in meno. Avremmo una riduzione di trecento parlamentari, con il vantaggio che non ci sarebbero 'dopolavoristi', destino che invece attende consiglieri regionali e sindaci secondo quanto previsto dalla riforma", "articolo secondo: il rapporto fiduciario del governo è solo con la Camera dei deputati. Dunque, fine del bicameralismo perfetto. Articolo terzo: nel caso in cui il Senato o la Camera apportino delle modifiche ad un testo di legge, tali modifiche vengono esaminate entro un tempo limitato da una apposita commissione, costituita dai parlamentari dei due rami.
ITALICUM NON CONDIVISO. Se l'intesa non c'è, passa il testo prevalente, che viene sottoposto al voto delle due Camere, con sbarramento ad ulteriori emendamenti. Fine della navetta, del bicameralismo perfetto e delle perdite di tempo. Un meccanismo di questo tipo esiste in altri Parlamenti: per esempio in quello americano. Una riforma approvabile dai due terzi dei parlamentari, che si può fare in sei mesi. Nel frattempo si discute una nuova, seria legge elettorale, che non preveda più la nomina dei parlamentari da parte dei capipartito e non abbia una impostazione rischiosamente iper-maggioritaria. Non ho mai condiviso l'Italicum e non penso che sia pienamente rispettosa della sentenza con cui la Consulta ha cancellato il Porcellum".
RISCHI DI CONTENZIOSI. "Ci sono disposizioni demagogiche e altre foriere di conflitti istituzionali. Due soli esempi: sindaci e consiglieri regionali possono trascorre cinque giorni a Roma nelle commissioni parlamentari? Pura demagogia. Per potere dire: non gli pagheremo lo stipendio. Poiché non vi è una chiara distinzione delle leggi delle quali si deve occupare il Senato, noi rischiamo di aprire un contenzioso tra le due Camere, di volta in volta risolto dalla Corte costituzionale. Per tutte queste ragioni chiedo di votare no per una vera svolta riformatrice".
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