"Non è un menu à la carte", così il premier chiude alla proposta dei Radicali di suddividere il quesito in cinque o sei parti

"Il referendum non è un menu à la carte". Il premier Matteo Renzi mette così i paletti al dibattito sul referendum confermativo sulla riforma costituzionale e sostiene "lo spacchettamento non è possibile, non sta in piedi". L'ipotesi della suddivisione in cinque o sei parti del quesito referendario, sostenuta dai Radicali e dallo Psi di Riccardo Nencini, non incontra il favore né della minoranza Pd di Camera e Senato né delle opposizioni. Se dai primi non è emersa ancora nessuna posizione ufficiale, ma soltanto un'indicazione di massima, Forza Italia, Lega e M5S si sono detti già chiaramente contrari. Il timore di chi è contrario al governo, infatti, è che la riforma della Costituzione passi in buona parte e Renzi non se ne vada a casa. Se si analizzano le diverse posizioni, poi, dalla sinistra Dem arriva l'indicazione di non firmare per lo spacchettamento perché la partita si gioca su altri temi, in primis sull'Italicum. Per Renato Brunetta – per una volta d'accordo con Matteo Renzi – lo spacchettamento è "incostituzionale".

LEGGI ANCHE Renzi: Intesa con Ue sulle banche è a portata di mano. Referendum a ottobre o 6 novembre

Secondo il capogruppo di Sinistra Italiana a Montecitorio, Arturo Scotto, sarebbe il tentativo di "rimandare la palla in un altro campo". Gli unici parlamentari Pd per ora favorevoli alla suddivisione del quesito sono il senatore Luigi Manconi e il deputato Francesco Boccia. Entrando nel merito, per promuovere lo spacchettamento occorre raccogliere 500mila firme entro il 14 luglio oppure quelle di un quinto della Camera o del Senato. Fino a domenica a Montecitorio ne erano arrivate soltanto una trentina. Per paradosso, i promotori contano di più sulla maggioranza che sull'appoggio delle minoranze. In particolare è sotto i riflettori il gruppo di Ap al Senato, dove in tutto servirebbero 64 firme contro le 126 della Camera. In Area popolare le posizioni rispecchiano il quadro composito nato dalla unione di Ncd e Udc. A favore dello spacchettamento sono arrivate le firme di Paola Binetti e Fabrizio Cicchitto, ma anche dei parlamentari di Scelta civica Adriana Galgano e Pierpaolo Vargiu. Mentre Ferdinando Adornato di Ap é tra i fondatori del movimento per il Sì alla riforma, tutta intera. Il leader dei Radicali, Riccardo Magi, dopo un incontro di oltre un'ora con il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi questo pomeriggio al ministero, arriva ad affermare: "Pensiamo di potercela fare a Palazzo Madama. C'è interesse da parte di Ap. Se i senatori votassero compatti, sarebbero trenta firme, alle quali potrebbero aggiungersi quelle 'tecniche' del Pd. Manconi si è già detto favorevole, poi c'è anche Della Vedova".

Secondo i Radicali presenti all'incontro, il ministro Boschi avrebbe detto che lo spacchettamento è un ottimo modo per scendere nel merito della riforma, ma che governo e Pd non possono farsi promotori della proposta. Non solo. "Il ministro Boschi – aggiunge Magi – ha spiegato che il governo lascia, per così dire, libertà di coscienza ai propri parlamentari. Sarebbe grave se il Pd facesse fallire l'unica ipotesi che può evitare il plebiscito". E, interpellato al telefono in merito, il viceministro ai Trasporti Riccardo Nencini assicura: "C'è ancora tempo per raccogliere le firme necessarie".
 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata