Il premier dimissionario sarebbe per un governo 'poco politico' e super partes prima di tornare alle urne
Confermare le dimissioni da presidente del Consiglio, se non arrivare già 'dimissionato' dopo aver messo in sicurezza la legge di stabilità, ed evitare accelerazioni improvvise puntando piuttosto a un Governo "di responsabilità". Sarebbe questo l'orientamento di Matteo Renzi in vista della direzione Pd. La fuga in avanti di Alfano su un possibile voto a febbraio – "una fiche concordata" nel faccia a faccia post referendum, ipotizzano diversi parlamentari – consente al premier di capire bene il risiko delle posizioni in campo, fuori e soprattutto dentro il Pd. "E inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee": è questo il pensiero del capo dello stato Sergio Mattarella, secondo quanto riporta l'Huffington Post, che cita fonti del Quirinale in merito alla possibilità di portare alle urne gli italiani in breve tempo.
Se i renziani ortodossi continuano a mettere il piede sull'acceleratore ("Il Sì ha perso, ma abbiamo una base da cui ripartire. Ora prepariamoci al congresso e alle elezioni", cinguetta Sandro Gozi) e se pure i 'giovani turchi' di Matteo Orfini si lasciano tentare dall'all in di un voto immediato, sono diverse le anime del Pd a frenare. Primo tra tutti Dario Franceschini, impegnato a far ragionare il premier e a portarlo lungo la rotta indicata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Contraria al voto subito, prima del congresso e di una riforma della legge elettorale, la minoranza dem. "L'ho già detto una volta: non si vince sulle macerie del paese", attacca Pierluigi Bersani. "Sarebbe un film dell'orrore e vorrebbe dire mettere a rischio l'esistenza stessa del partito – gli fa eco Davide Zoggia – Chi si intesta il 40% è matto". In generale, comunque, viene spiegato, a non vedere di buon occhio un'accelerazione troppo brusca diversi parlamentari dem, in modo trasversale tra le correnti.
Il primo a voler archiviare questa tentazione, in realtà, sembra essere proprio Matteo Renzi, che – racconta chi ci ha parlato nelle ultime ore – sarebbe disposto a virare sulla strada della "responsabilità". Il premier, viene spiegato, pur ammettendo davanti allo stato maggiore del partito "gli errori" commessi, non dovrebbe arrivare a lasciare la poltrona di segretario e intenderebbe proporre ai suoi il sostegno ad un Governo "di responsabilità", appunto. Un esecutivo "non politico e super partes" che consentirebbe al Pd di "rimanere al riparo" da un'esperienza che si annuncia "poco felice" e che, "se politica, sarebbe sottoposta ai continui attacchi dell'opposizioni" che lo logorerebbero. Quelli di Padoan o Grasso i nomi più gettonati, anche se – per molti – "è troppo presto" per mettere sul tavolo candidature "credibili". Se invece, dopo le consultazioni del Quirinale con gli altri partiti, il Pd fosse costretto ad accettare la guida di un governo più politico, in pole position ci sarebbe Gentiloni. Il ministro degli Esteri è considerato tra i più vicini al premier, esperto e fidato, e quindi il segretario Pd, azionista di maggioranza di questo esecutivo di transizione, potrebbe scegliere con tranquillità quando staccare la spina. Intanto è atteso in Senato l'ok definitivo alla manovra. Il governo dimissionario affronterà la prova della fiducia, che gli è necessaria, paradossalmente, per andare a casa. La strada dei numeri è stretta, ma – viene spiegato – il partito 'della poltrona', non dovrebbe tentare agguati.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata