L'ex senatore di Forza Italia sta scontando 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa
“Nel 1996 mi sono candidato per difendermi nei processi, come ho sempre ammesso, e ho sbagliato. Lo status di parlamentare mi ha evitato la carcerazione preventiva e ha allungato i processi, ma avrei fatto meglio a farmi arrestare prima e scontare subito la condanna, quando avevo cinquant’anni; oggi sarei libero, un uomo saggio con un bagaglio di esperienza in più. Invece mi trovo qui dentro a 75 anni, vedo avvicinarsi il finale di partita e sinceramente mi dispiace passarlo qui anziché con la mia famiglia, i miei nipoti e i miei più cari amici”. A parlare, in un'intervista al Corriere della Sera, è Marcello Dell’Utri; l’ex senatore e fondatore di Forza Italia sta scontando a Rebibbia 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ne ha già fatti 2 e 8 mesi Rebibbia. Due anni li ha passati nel penitenziario di Parma e due mesi in una prigione in Libano, dove fu arrestato mentre cercava di organizzare la latitanza. “Questa è una leggenda metropolitana — ribatte —. Le pare che se avessi voluto sottrarmi alla giustizia avrei soggiornato nel più famoso albergo di Beirut?”. Le sue giornate sono scandite da due ore di passeggio in cortile, la mattina nell’area universitaria con i reclusi che studiano Giurisprudenza, il pomeriggio in cella a prepararsi per il prossimo esame in Lettere e Storia all’università di Bologna, la sera qualche volta un po’ di televisione. “Io non ho fatto niente di tutto questo”, dice rispetto alla condanna per i rapporti con la mafia, “ho conosciuto solo Vittorio Mangano e Gaetano Cinà, senza sapere che fossero mafiosi, se poi è vero che erano mafiosi”. “Non mi sento un condannato detenuto – spiega -, bensì un prigioniero che ha perso una guerra ancora in corso, e finché non finisce devo stare qui. Solo dopo mi libereranno”. Quale guerra? Quella “contro Silvio Berlusconi, e contro di me per interposta persona”.
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