Il Pd chiude le consultazioni e si affida al presidente della Repubblica, assicurando a Sergio Mattarella "tutto il sostegno" del partito di maggioranza relativa in Parlamento "alla soluzione alla crisi che riterrà più opportuna". Matteo Renzi, insomma, non si tira indietro, ma è già tornato a Pontassieve. Il capo dello Stato ritiene imprescindibile che a nascere sia un "Governo con pieni poteri". "Ci sto – è il ragionamento del premier dimissionario – purché si faccia in fretta". Le posizioni in campo, insomma, non cambiano. Dagli incontri al Quirinale, però, sottolinea Luigi Zanda, è emerso "un larghissimo rifiuto" ad un esecutivo di responsabilità nazionale. Quindi pieno appoggio al capo dello Stato, ma "l'obiettivo" rimane "quello di andare al voto il più velocemente possibile".
La delegazione dem, per rispetto delle prerogative costituzionali, non fa nomi a Mattarella, ma la maggioranza del partito rimane compatta intorno all'ipotesi Gentiloni. Il segretario Pd, pur rimanendo all'ombra dei riflettori, continua a giocare in prima persona la partita della sua successione. A palazzo Chigi, sfilano alla sua scrivania Pier Carlo Padoan, Dario Franceschini, Maria Elena Boschi, Carlo Calenda, Maurizio Martina, Angelino Alfano, Andrea Orlando. Ai suoi interlocutori, viene spiegato, Renzi ribadisce di non voler accettare, qualora dovesse essere prospettato dal Quirinale, un possibile reincarico. "La prima poltrona a saltare è la mia", aveva detto domenica a spoglio ancora in corso: tornare indietro adesso – è il ragionamento – vorrebbe dire esporre se stesso e il Pd a un tracollo. Via libera a un Governo che abbia lo stesso perimetro parlamentare di quello attuale, quindi, ma con il faro del voto anticipato non appena sono chiare le regole del gioco, con una legge elettorale riformata e omogenea per Camera e Senato.
La partita a scacchi che si gioca tra palazzo Chigi e il Quirinale è quindi quella che riguarda la data del voto, con la componente renziana del Pd che punta a tornare alle urne già ad aprile, o al massimo a giugno, e Mattarella che ricorda come "vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati", adempimenti – sottolinea guardando all'anniversario dei trattati di Roma a marzo e al G7 di Taormina a maggio – sia interni, che di carattere europeo e internazionale.
Mentre si attende che, oggi, il Capo dello Stato sciolga la riserva e affidi l'incarico al nuovo premier, a palazzo Chigi si ragiona sulla nuova squadra di Governo. L'intenzione, viene spiegato, sarebbe quella di confermare in larga parte le poltrone dei ministeri. A rischio sostituzione sarebbero, secondo le ultime voci, solo Stefania Giannini, Giuliano Poletti. Dopo voci di addio, infatti, sembrerebbero invece rimanere al loro posto Maria Elena Boschi (magari lasciando le Riforme e conservando i Rapporti con il Parlamento) e Marianna Madia, alle prese con i decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione. Da rimpiazzare, poi, la poltrona del titolare della Farnesina, se davvero dovesse ricadere su di lui la scelta di Mattarella. Al suo posto, nel toto nomi, spunta quello di Pietro Fassino, ex sindaco di Torino. Possibile anche un trasferimento del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, ma – fanno notare alcuni parlamentari – sarebbe il suo terzo 'trasferimento' (dopo il ritorno da ministro a via Veneto da Bruxelles dopo essere stato viceministro) nel giro di pochi mesi. Dovrebbe rimanere al Tesoro Pier Carlo Padoan, ritenuto fondamentale conoscitore dei dossier economici anche alla luce della crisi Mps. Confermati, poi, Dario Franceschini come ministro della Cultura, Andrea Orlando alla Giustizia, Roberta Pinotti alla Difesa e Maurizio Martina all'Agricoltura, oltre ai rappresentanti della minoranza di Governo Angelino Alfano, Beatrice Lorenzin ed Enrico Costa.