Finisce il tempo dell'io, "adesso la parola d'ordine è noi". Matteo Renzi ammette di aver "non perso, ma straperso" il referendum e inaugura la sua personale "fase zen". Il segretario Pd apre l'assemblea nazionale annunciando un'analisi "dura, anzi spietata" del dopo 4 dicembre, ma non fa dietrofront sulla riforma: "Eravamo a un passo dalla terza Repubblica sembra quasi che siamo tornati alla prima", dice sottolineando la scelta non casuale della canzone 'La prima repubblica' di Checco Zalone (colonna sonora del film 'Quo vado').
L'analisi della sconfitta, comunque, è netta. "Abbiamo perso al Sud", esordisce, ammettendo di aver sbagliato approccio, "troppo centrato sul notabilato e non sulle forze vive". Il 41enne rottamatore e leader di follower sui social ammette poi di aver "perso in casa": tra i giovani ("e fa male"), sul web, "lasciandolo a chi in queste ore è sotto gli occhi internazionali in quanto diffusore di falsità". L'errore principale, insiste, "non è nemmeno la personalizzazione", ma il "non aver capito che il valore del referendum era nella politicizzazione". Da qui, però, Renzi riparte. Se il 59% raggiunto dal fronte del No è un voto politico, lo è anche il 41% e se questo vuol dire perdere male un referendum, non si può nascondere che "è il partito più forte che c'è in Italia" ed è "l'unica speranza".
"Era giusto provarci, è stato giusto prenderne atto, ora è giusto rimettersi in cammino", quindi. E non come singoli ma come comunità. "Io per primo assumendomi la responsabilità di dire che c'è più bisogno di noi che di io". Ecco allora il nuovo corso. Il congresso? "Sarebbe stata la scelta migliore per ripartire all'interno del Pd, dal giorno dopo ci ho pensato", ma "la prima regola" deve essere "ascoltare di più, io per primo". "Ho accettato i suggerimenti di chi ha chiesto di non fare del congresso il luogo dello scontro del partito sulla pelle del Paese – scandisce il segretario Pd – e non piegare alle esigenze che sentivo le regole, non piegarle a nostro vantaggio". Il congresso si farà "nei tempi, non come resa dei conti".
In questa direzione va anche la proposta che riguarda il Mattarellum. È l'unica per "far presto", è vero, ma – almeno in linea di principio – ricompatta il Pd. Anche sul partito Renzi ammette i propri errori. A partire dalla segreteria: "E' sempre stata un mio problema, un mio fallimento. Deve essere rinnovata, più plurale", dice annunciandone la convocazione per mercoledì. Una campagna di ascolto nel Paese e una struttura che lavori sul programma sono poi le ulteriori tappe per il percorso di risanamento del partito. Il 21 dicembre ci vedremo per organizzare" la campagna di ascolto. "Il 21 gennaio poi faremo una mobilitazione totale dei circoli" e intanto partirà una "riorganizzazione totale della nostra struttura su internet", mentre il 4 febbraio ci sarà "un appuntamento programmatico" per puntare a dire cosa deve fare la sinistra in Europa in vista dell'appuntamento di Roma. "Dobbiamo tirare fuori i nostri progetti, uno per uno", annuncia, bollando come "errore" la campagna muscolare del referendum.
Anche il suo ruolo sarà diverso, assicura. "Non mi vedrete fare il tour del Paese con i camper, è finito il tempo in cui riempivamo i teatri riempiamo le folle. Voglio lavorare in modo meno organizzato, arrivare all'improvviso, fare l'allenatore e il talent scout di giovani. Verrò a cercarvi uno per uno, voglio stanarvi e chiedervi di darci una mano per farci del Pd più forte".
Di nuovo in campo, quindi. Senza dimenticare quanto fatto ("le riforme non puzzano, restano e sono l'orgoglio del Pd") ma "saldamente aggrappati all'Italia". Da qui si riparte. Perché, ammette l'ex premier, "ho avuto voglia di mollare e non sarei umano se non lo dicessi", ma "il patto tra noi" è che nessuno ha il diritto "di dire voglio scendere" e "abbandonare il proprio posto di guardia come sentinella". Il Pd "deve riprendersi il Paese".