"Penso anche di essere in grado rafforzare l'attenzione al sociale, elemento essenziale in una società segnata da profonde diseguaglianze"
Andrea Orlando è convinto di essere il candidato migliore per tenere unito il Pd. "Penso di essere, fra i tre candidati, quello più in grado di unire le diverse culture e anime del Pd nello spirito originario del progetto. E penso anche di essere quello in grado di rafforzare l'attenzione al sociale del nostro partito, elemento essenziale in una società segnata da profonde diseguaglianze con un rischio reale della tenuta democratica. Sono entrambe condizioni per vincere", afferma il ministro della Giustizia.
"Io mi sono battuto perché questo dolorosissimo strappo non si consumasse. Sbaglia chi se ne va. La sinistra riformista non può far vivere le sue ragioni fuori da un grande soggetto pluralista e popolare", dichiara commentando la scissione. "Io insistevo sull'esigenza di un percorso programmatico prima del Congresso che consentisse di parlare agli italiani, affrontare i loro problemi. Ha prevalso un'altra linea, quella dell'ennesima conta. Di qui nasce la mia decisione di far vivere una candidatura non divisiva, in grado di parlare delle cose da fare: lotta alla diseguaglianza; costruzione di un'altra Europa; rifondazione del partito. Non utilizzerò né toni né argomenti cari ai populisti. Cercherò di legittimarmi per le proposte che farò senza aggredire i miei competitori", ha spiegato.
Il tratto distintivo sarà "inaugurare un metodo che seguirò per tutta la campagna: il confronto e l'ascolto. Su reddito e cittadinanza sto mettendo a punto una proposta che guarda con attenzione alla piattaforma dell'alleanza contro la povertà. Naturalmente dirò anche come ci si può arrivare, con quali coperture e quali passaggi. Prima di licenziarla, però, devo condividerla. Niente decisioni dall'alto".
Dalla sconfitta del 4 dicembre, aggiunge "emerge la radiografia del Paese. Renzi non ha riflettuto abbastanza. Il 'No' stravince nelle periferie, nelle aree marginali e interne, nelle nuove generazioni, in tutte quelle parti della società penalizzate dalla globalizzazione. Da qui si riparte se si vuole ricostruire".
"Noi siamo il centrosinistra – conclude – e dobbiamo tenere insieme gli attori della modernizzazione del Paese, coloro che hanno scommesso sull'innovazione, con i segmenti della società più segnati dalla globalizzazione. Se si rompe questo rapporto non c'è più la base popolare per un'azione riformista e questo spalanca la strada ai populisti".
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata