Orlando attacca: "Grillo, Salvini e Berlusconi hanno interesse a tenere questa legge, ma lo è del Paese"

La proposta sulla legge elettorale tocca agli altri. Matteo Renzi lo ha ripetuto, davanti alla platea dell'assemblea del Pd, una concetto ormai noto, rivolgendosi questa volta direttamente al presidente della Repubblica. "Con stima, riconoscenza, filiale amicizia e deferenza diciamo a Mattarella che la responsabilità di questo stallo è di chi in Senato ha la maggioranza. Non saremo noi a farci inchiodare sulle responsabilità e dalle responsabilità di una classe dirigente che aveva promesso agli italiani una cosa chiara e semplice, che le riforme sarebbero state fatte in sei mesi. Invece non sono riusciti a fare nemmeno la legge elettorale". Il segretario Dem, oggi proclamato ufficialmente dopo il risultato delle primarie del 30 aprile, risponde  al monito che il capo dello Stato aveva fatto pervenire poco più di una settimana fa ai capigruppo in Parlamento. La legge elettorale va fatta, ma non è il Pd  a dover dare le carte, bensì chi il 4 dicembre scorso ha sostenuto con forza il 'no' al referendum bocciando la riforma Costituzionale e dotando così il Paese di due leggi incompatibili tra di loro. Il messaggio però, in realtà, è indirizzato non all'inquilino del Colle, che dal canto suo, come ha espresso in più occasioni, ha sempre sostenuto sì "l'urgenza" di regole del voto nuove, omogenee e armoniche tra Camera e Senato senza mai affidare questo compito a un solo soggetto, ma agli altri partiti, in particolare quelli di opposizione.

"Se avete delle proposte, tiratele fuori – ripete Renzi –  la proposta sulla legge elettorale la diano gli altri". Il Pd, dice il segretario "è pronto a fare l'accordo con chicchessia, purché venga fatta una legge elettorale decente". Insomma Renzi mette in chiaro che su questo argomento il partito  "non farà la parte del capro espiatorio, non ci faremo prendere in giro dalle altre parti politiche". La linea è sempre quella: "Abbiamo proposto il Mattarellum e ci hanno detto no, abbiamo detto di rivedere l'Italicum e ci hanno respinti, abbiamo proposto il tedesco e niente", ricorda Renzi. Ora la palla passa agli altri: "Noi nel frattempo governiamo il Paese con il governo Gentiloni". Ed è sull'attività dell'esecutivo che Renzi intende puntare. Il segretario ha infatti intenzione di riunire ogni giovedì al Nazareno i capigruppo di Camera e Senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, assieme alla sottosegretaria Maria Elena Boschi e al ministro Anna Finocchiaro. Una sorta di punto settimanale per coordinare l'attività del partito tra Parlamento e Governo.

Non è della stessa idea Andrea Orlando. Secondo alla primarie del partito, il suo 20 per cento vuole farlo pesare nel Nazareno e pur rendendo l'onore delle armi al vincitore assicura: "Ci sono ancora tanti nodi da sciogliere, abbiamo ancora da discutere". Ed è proprio sulla legge elettorale che il ministro promette 'opposizione': "Vedo una strada: una legge di cui noi assumiamo una iniziativa, mettiamo dei punti sintetici in fila e proviamo a vedere chi è disponibile a ragionare con noi su questo". Secondo il guardasigilli "Grillo, Salvini e Berlusconi hanno interesse a tenere questa legge elettorale, ma sono convinto che non sia questo interesse del paese  e del partito democratico". Orlando non si rassegna "a infinite sequenze delle larghe intese, perchè giustificare un'alleanza con la destra è praticamente impossibile".  "Mi sono battuto con tutte le mie forze contro la scissione, perché la ritengo un errore drammatico, come tutte le scissioni – ricorda – Ma tra Berlusconi e Bersani continuo a preferire Bersani".

Che Orlando non sarebbe restato con le mani in mano lo si era capito già dalla mattina, quando in una riunione con i fedelissimi, si era deciso di non sostenere la riconferma di Matteo Orfini a presidente del partito. "E' importante che ci si parli ma anche che ci si ascolti e se alla fine c'è un briciolo di verità rimanga nella sintesi- dice in assemblea – Diciamolo con franchezza: in questi anni non è andata così come si era detto, non c'è stato un rinnovamento delle classi dirigenti, abbiamo assunto le peggiori prassi della politica, come il clientelismo ed il nepotismo, l' idea che il consenso si costruisca con il potere. La rottamazione non ha funzionato". E molti errori sono stati fatti, rileva: "Don Milani diceva che dare parti uguali a persone diverse è la massima delle ingiustizie. Allora cari compagni e amici abbiamo sbagliato anche sui bonus". E infine Orlando anche sulle parole chiave del Renzi bis ha da ridire: "Dopo mamma, che in Italia viene prima di tutto, mi piacerebbe che tra quelle parole ci fosse sempre la parola Europa" perché questa "è la dimensione minima per una battaglia di giustizia sociale".
 

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