Commentano la proposta di Renzi di tornare a un deficit del 2,9%

 "È venuto il momento di dirlo: firmare il Fiscal compact e il pareggio di bilancio in Costituzione è stato un grave errore. Probabilmente in quel momento non si poteva fare altrimenti, ma ciò non toglie che le cose vanno cambiate", così il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, intervistato da La Stampa, appoggia la proposta che Matteo Renzi lancia nel suo libro "Avanti": archiviatre l'accordo internazionale siglato dall’Italia nel 2012, che prevede rigidissime regole di bilancio.

"Oggi c'è bisogno di stimolare la crescita aumentando gli investimenti e abbassando la pressione fiscale", ha chiarito Delrio. "il Fiscal Compact non è il Vangelo. È servito alla crescita dell'Italia o della Grecia? La risposta è no". Dunque ripensare gli accordi e riportare il defici al 2,9 per cento per 5 anni, come propone il segretario Pd, può essere un'opzione. "Abbiamo una dialettica con la Commissione come ce l'hanno Germania e Francia", ha aggiunto Delrio, "o vogliamo sostenere che loro sono partner ligi alle regole? Non è la Commissione che ha richiamato Berlino per il suo deficit commerciale?".

Il ministro dei Trasporti si dice allibito per il commento di Bersani, che ha giudicato la ricetta di Renzi 'di destra'. "Da quando in qua – si chiede nell'intervista del giornale di Torino – la lotta all'austerità è una ricetta di destra? La penso come Renzi: dobbiamo parlare delle cose che interessano ai cittadini. Ma anche Franceschini e Orlando pensano siano prioritari i contenuti. Propongo una moratoria: prima si parla delle nostre proposte, poi si discute delle alleanze." La soluzione, suggerisce, potrebbe essere comportarsi come Berlusconi: "È stato abilissimo: ha vinto molti ballottaggi con il sostegno dei fascisti di Casa Pound, eppure nessuno ha aperto un dibattito sulle alleanze a destra".

Di opinione diversa, invece, un altro ministro del governo Gentiloni, Carlo Calenda. "Aumentare il deficit è un rischio che possiamo correre solo a tre condizioni: – spiega il ministro dello Sviluppo economico al Corriere della Sera – la prima è che le risorse liberate vengano concentrate sugli investimenti, la produttività e interventi organici sulle situazioni di reale emergenza sociale". Una linea che Calenda giudica non scontata perché "tutti parlano di tagli fiscali a pioggia e meno bollo auto, mi pare. Invece tutta la credibilità di questa proposta dipende dall'orizzonte che si ha. La strada per la prosperità in Italia passa dall'aggancio definitivo alla domanda internazionale. Oggi l'export va benissimo ma sono ancora poche le aziende che esportano. Dobbiamo passare da un rapporto tra esportazioni e Pil vicino al 30% al 50 %, come fatto dalla Germania grazie alle riforme iniziate da Schröder".

 "La seconda condizione – prosegue – è riprendere vigorosamente la strada delle privatizzazioni e dell'abbattimento del debito. Al di là di Bruxelles e del Fiscal compact, dobbiamo convincere chi il debito lo deve comprare anche in vista della riduzione degli stimoli della Bce". Quindi la terza condizione: "continuare con le riforme" partendo da "concorrenza, diritto fallimentare, politiche attive, lavoro 4.0 e rafforzare quella della Pa. Otterremo spazi di manovra solo se ci mostreremo decisi a proseguire e accelerare sul percorso iniziato".

Insomma, secondo Calenda, "per rendere il debito sostenibile e recuperare coesione sociale, diminuendo i divari che continuano ad aumentare nonostante la crescita superiore alle attese, l'Italia deve crescere almeno al 2% e generare più occupazione e investimenti". La proposta di Matteo Renzi, però, ha il merito di riportare la discussione sui contenuti in vista del prossimo confronto elettorale: una larga alleanza. "Il senso di smarrimento e paura dei cittadini – dichiara il ministro – deve trovare una risposta razionale e forte, da parte delle forze non populiste. Altrimenti prevarrà chi propone la fuga della realtà o ricette autarchiche che distruggerebbero il benessere accumulato in decenni".

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