Il segretario del Partito Democratico chiude la kermesse fiorentina

"Quelli che vogliono starci hanno da noi una certezza: in una coalizione avranno pari dignità". Il passaggio è fugace, perché l'obiettivo è lasciare ad altri ("a chi è molto più bravo di me") la partita delle alleanze per concentrarsi sui temi concreti che hanno fatto scaletta alla Leopolda, ma il messaggio è di peso e ben indirizzato. Risponde a una richiesta arrivata proprio al 'pontiere' Piero Fassino dalla delegazione di Campo progressista nell'incontro di giovedì scorso. Destinatario specifico era il segretario: "Deve cambiare atteggiamento, toni: non siamo gente passata 'per caso' a fare la sinistra", era stato detto. Il leader dem risponde: "Non siamo abituati a immaginare una coalizione con diversi gradi di dignità. Chi ci vuole stare è benvenuto, chi non ci vuole stare avrà il nostro rispetto, non avrà il nostro rancore". La campagna elettorale, insomma, è iniziata.

Renzi, però, davanti al suo popolo che lo acclama con gli stessi decibel di sempre per l'ottavo anno consecutivo, non vuole sfuggire a quanto accaduto. "Per essere intellettualmente onesti dobbiamo partire da ciò che ci ha bruciato: dal referendum del 4 dicembre. È l'ultima volta che ci giriamo a guardare indietro, ma penso sia giusto farlo da qui. Il referendum è stato una sconfitta", esordisce. Il segretario si concede poi un insolito indugio sul fallimento. Non uno sconfinare nell'elogio della sconfitta caro a una certa sinistra, da lui sempre rifuggito. Ma una riflessione che serve a voltare pagina, una volta per tutte: "Non starò qui a dirvi che il fallimento è divertente, ma ho capito che una certa dose di fallimento è inevitabile – ammette – È impossibile vivere senza fallire almeno un po'. Almeno che voi non viviate senza rischiare e allora avrete fallito in partenza". È uno stop che serve a ripartire: "Dopo tutto quello che ci hanno fatto, dopo tutto quello che hanno cercato di costruire – dice rianimando la platea – noi siamo ancora qui, più forti di prima e con ancora la voglia di lottare".

Gli avversari sono chiari: "Ci sarà un testa a testa tra Di Maio e Berlusconi, vero – dice – ma per capire chi guiderà il gruppo che arriverà secondo alle elezioni. Tutti i sondaggi danno il Pd primo gruppo". Il tentativo del leader è, da un lato, quello di non finire schiacciato da una sfida a due che non lo veda tra i protagonisti e, dall'altro, quello di marcare le differenze: "Noi abbiamo aumentato i posti di lavoro, Berlusconi lo spread e Di Maio i followers, noi siamo per la crescita, con il centrodestra c'è stata la recessione e M5s immagina la decrescita". Le differenze, poi, le farà il programma: la prima proposta "sarà il servizio civile universale obbligatorio", poi verranno bonus e diritti "che continuiamo a difendere". La "priorità" è il lavoro: "Il salario è importante. Non è un problema del passato, Gli 80 euro? – insiste – Io dico che vanno estesi, non cancellati. Vanno estesi innanzitutto alle famiglie che hanno figli".
 

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