Seppe unire semplicità e amore per le istituzioni che rappresentava. E interpretare come nessuno mai i sentimenti migliori della gente

A chiunque si pronunci il suo nome si legge in faccia l’espressione nostalgica di chi si prepara a rispondere “Ah Pertini, che presidente!”. È una reazione quasi sorprendente se si pensa che ormai, dall’8 luglio 1978, giorno della sua elezione, sono trascorsi quarant'anni. Eppure, ancora oggi, Sandro Pertini è considerato il presidente della Repubblica più amato di sempre. E sono almeno dieci le ragioni che lo resero così popolare tra gli italiani durante i sette anni del suo mandato.

Il “no” agli appartamenti del Quirinale. Quando Pertini divenne presidente della Repubblica aveva 82 anni e da qualche tempo viveva con la moglie Carla in affitto in piazza Fontana di Trevi, in una mansarda di circa 40 metri quadri. Lì decise di rimanere dopo aver ricevuto la carica presidenziale, rifiutando di trasferirsi nei lussuosi appartamenti del Quirinale riservati al capo dello Stato. Fu anche e soprattutto un gesto di umiltà, che certamente non passò inosservato al popolo italiano.

Il crocifisso appeso nel suo studio. Sandro Pertini era ateo, così si era sempre dichiarato fin dalla sua giovinezza. Eppure scelse di conservare il crocifisso appeso al muro del suo studio del Quirinale. In un’intervista rilasciata ad Antonino Zichichi di Famiglia Cristiana svelò di non aver rimosso il simbolo religioso per due motivi: per la grande ammirazione che nutriva nei confronti di Gesù Cristo, morto in croce in difesa del suo credo, e in segno di rispetto verso chi amava e venerava quella stessa croce. Come pronunciò nel suo giuramento, Pertini sapeva che le conseguenze di ogni suo atto si sarebbero riflesse “sullo Stato, sulla nazione intera”.

L’indignazione in occasione del terremoto dell’Irpinia. Il presidente Pertini fu uno dei primi rappresentanti istituzionali ad arrivare nelle zone terremotate dell’Irpinia a poche ore dal tragico sisma del 23 novembre del 1980. Decise di recarsi in quei luoghi devastati per mostrare la propria vicinanza agli sfollati e alle famiglie delle numerose (2.914) vittime. La sua, però, fu tutto fuorché una semplice visita formale e gli italiani se ne resero conto nel discorso che il capo dello Stato pronunciò in televisione il 27 novembre: “Italiane e italiani, sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione, poi, dei sopravvissuti vivrà nel mio animo. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi è giunta a Roma della catastrofe, sono partito ieri sera. Ebbene, a distanza di 48 ore, non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari”. Nel lamentare il ritardo dei soccorsi alle popolazioni terremotate, il presidente della Repubblica usò parole piene di sdegno, probabilmente le stesse che avrebbe scelto un cittadino comune indignato per l’accaduto.

 

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