Dopo gli appelli della politica e dello sport a "rientrare in partita", Chiara Appendino: "È da irresponsabili andare avanti alla cieca. Torino non c'è perché manca trasparenza"
"Mercoledì mattina il presidente Zaia e molti altri soggetti mi hanno chiesto di 'rientrare nella partita'. Ecco cosa penso. Per me è fondamentale e imprescindibile che sia fatta la massima e totale chiarezza su chi finanzia l'evento e come. Se si vuole portare avanti l'ipotesi di Olimpiadi senza fondi statali ma sostenute da Regioni e privati si chiarisca prima chi mette quanto, altrimenti è da irresponsabili andare avanti alla cieca. Non si prendono impegni a scatola chiusa". La sindaca di Torino, Chiara Appendino, spiega su Facebook la propria posizione sulla candidatura alle Olimpiadi invernali del 2026.
"Torino – aggiunge Appendino – non c'è perché la proposta manca di chiarezza e trasparenza. Vogliono garantire e finanziare le Regioni? Se sì, quali e in che misura? Vorrei ricordare che nell'attuale versione del masterplan sono previsti eventi anche in Trentino. Si vogliono finanziare le Olimpiadi tramite capitali privati? Quali? Sono domande che ad oggi non trovano risposta. Chiudo sottolineando che ogni altra polemica o tentativo di addossare le colpe, non mi appartiene".
Ed è tornato a parlare anche il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino: "Non ho capito perché Giorgetti abbia fatto saltare il tavolo, non c'era ragione. Mi sa di pretesto – ha detto durante l'inaugurazione di Terra Madre Salone del Gusto a Torino – Secondo me se c'è la volontà politica del Governo e se il Coni è d'accordo, si può ricostituire il tavolo a tre e ci sono le condizioni per discutere della candidatura".
Di certo, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, non vuole rinunciare alla candidatura ai Giochi del 2026. "Noi osserviamo. C'è stata una riunione tecnica che era già prevista. Vediamo gli sviluppi, ma la considerazione che ha fatto Fontana è giusta: se una si fa indietro, perché devono rinunciare anche le altre due? – ha detto a Radio Capital a Ciro Massimo – Torino? Non posso parlare a nome della sindaca, le ho chiesto di vederci a Roma con gli altri e lei mi ha detto con gentilezza 'se mi chiami a Roma vengo sempre, ma noi siamo sulle nostre posizioni'". E ancora. "Ho parlato con Chiara Appendino, con cui i rapporti sono molto più che buoni. Auspico ancora oggi che ci possa essere un ripensamento, ma la vedo complicata. Le altre due regioni vogliono invece andare avanti. Nel momento in cui Torino si chiama fuori, sono fuori tutte le altre città piemontesi, da Sestriere a Pinerolo", ha quindi avvertito il numero uno del Coni. A chi gli fa notare delle distanze fra Sestriere e Cortina, Malagò ha replicato: "Quando andremo fra quattro anni in Cina, le distanze che faremo da Pechino per andare a vedere l'alpino saranno molto maggiori di Cortina-Sestrierre".
Nel dibattito si inserisce anche il vicepremier Luigi Di Maio che precisa a Radio24: "Se Veneto e Lombardia vogliono vadano avanti, ma lo Stato non deve metterci un euro. È chiaro a tutti che avere mete olimpiche a centinaia di chilometri di distanza porterà problemi".
Per Malagò "gli italiani sono particolari e non riuscono a fare una cosa normale. Il mancato appoggio del governo sicuramente complica tutto. Tutte queste discussioni, queste anomalie, avvengono un anno prima del voto per l'aggiudicazione di una cosa che dovrebbe avvenire fra otto anni. È una cosa di difficile comprensione. Ci sono molti paesi in cui il governo viene sostituito da privati o da regioni. Los Angeles non ha avuto la firma di Trump ma quelle di multinazionali appoggiate da enti locali. Questo da noi non è mai accaduto", ha spiegato ancora il numero 1 dello sport italiano a Radio Capital. "Perché si è litigato? Credo che ci sia di mezzo la politica, a tutti i livelli. In un paese normale, bisognava andare al voto fra le tre città, dopo il voto si doveva tutti puntare a vincere contro Stoccolma e Calgary. Ma da noi non è così. Se rinunciamo, perdiamo quasi un miliardo che arriverebbe dal Cio. Oggi abbiamo una giunta esecutiva a Bologna, parleremo di questa ipotesi nuova con Milano e Cortina. Negli ultimi 20, 30, 40, 50 anni, tutti i paesi hanno avuto una parte in causa nelle vicende olimpiche. Tranne noi, malgrado le intenzioni e i presupposti, e una fortissima credibilità internazionale", ha ricordato.
Intanto, Matteo salvini sostiene che le Olimpiadi si debbano fare. "Mi aspetterei che chi governa il Paese avesse una visione di lungo periodo e considerasse un grande evento un investimento, e non una spesa che toglie soldi ad altri. L'appoggio del Governo per le regole del Cio ci deve essere, per i fondi io non mi fascerei la testa, c'è tempo – ha spiegato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala – Giusto l'atteggiamento dei due governatori che dovrebbero rispondere in termini di garanzie quando chiedono perché per tre città sì e per due no: è un giochino politico. Al presidente della Repubblica Mattarella ne avevo già parlato due mesi fa, già allora mi aveva confermato che ritiene che le Olimpiadi possano essere una buona opportunità. Conoscendolo, sono sicuro che non ha cambiato idea. Appendino, invece, sa quello che fa, deciderà lei. Guardarsi indietro serve veramente a poco ora – ha continuato Sala – Al momento non si è fatto ancora niente. C'è da prepararsi e, siccome a inizio ottobre c'è un passaggio fondamentale a Buenos Aires dove bisogna essere convincenti sul progetto, sulle garanzie e sull'appoggio del governo, non c'è un giorno da perdere".
Intanto, ha fatto sapere il sindaco di Milano, l'incontro di mercoledì a Losanna tra Milano, Cortina e il Cio "è andato bene, da quello che mi hanno raccontato. La candidatura è ben vista, ora il Coni farà una Giunta nei prossimi giorni e quello sarà il prossimo passo, poi procederemo. Non avevo nulla contro la candidatura a tre, la candidatura a due mi convince ugualmente. Rimane il presupposto iniziale che Milano deve essere capofila".
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