Secondo Di Maio nel testo è stato "manipolato. Così non lo votiamo". La Lega: "Noi siamo gente seria". Il premier da Bruxelles assicura: "Vedrò articolo per articolo e arriverà al Quirinale il testo conforme alla volontà deliberata dal cdm"

Giallo sul decreto fiscale. Per il vicepremier Luigi Di Maio il testo sarebbe stato "manipolato" e inviato al Quirinale, ha spiegato a Porta a Porta mercoledì sera, "non è quello su cui c'era l'accordo in Cdm". Ma Matteo Salvini lo smentisce. Un decreto "non si può costruire di giorno e smontare di notte. Io quello che abbiamo discusso per ore ed ore in consiglio dei ministri l'ho trovato scritto, nessuna manina", dice il leader della Lega, arrivando a Bolzano per una iniziativa elettorale. "Il decreto è quello e quello resta, non possiamo approvare un decreto e modificarlo il giorno dopo. Poi non so se ci sono dibattiti all'interno dei 5 stelle" conclude. "Io vado avanti, non c'è nessun Consiglio dei ministri domani perché sono impegnato in tour elettorale in Trentino per far cadere la sinistra domenica a Trento e Bolzano".

Il premier Giuseppe Conte ha bloccato l'invio del decreto al Colle e, arrivando all'Europa Building a Bruxelles, ha assicurato che "intende rivedere personalmente il testo. Venerdì sarò a Roma, controllerò articolo per articolo e arriverà al Quirinale il testo conforme alla volontà deliberata dal cdm. Non c'è alcuna frattura tra M5S e Lega".

Sul mistero che avvolge il decreto, il viceministro dell'Economia Massimo Garavaglia (Lega) interpellato da Fattoquotidiano.it e Repubblica.it su chi fosse a conoscenza delle norme sul condono del Dl fiscale contestate da Luigi Di Maio ha risposto: "È evidente, tutti sapevano". 

Sulla manovra, invece, il premier Conte ha aggiunto: "Ci aspettavamo dalla Ue delle osservazioni critiche, ci siederemo attorno ad un tavolo ma siamo convinti di quanto fatto. La manovra è molto bella. Con Juncker mi vedrò presto. Mi rendo perfettamente conto che non è questa la manovra che si aspettavano dalla Commissione, è comprensibile che ci siano delle reazioni".

L'accusa lanciata da Di Maio contro quella manina 'tecnica o politica' è pesante. Il testo sulla pace fiscale inserito nella manovra "trasmessa al Quirinale non è quello su cui c'era l'accordo in Cdm", perché "c'è sia uno scudo fiscale per i capitali all'estero sia la non punibilità per chi evade. È un fatto gravissimo, manina politica o no, depositerò subito un esposto alla Procura della Repubblica. Se questa parte non cambia noi non la votiamo in Parlamento", ha precisato il vicepremier. Dal Colle è arrivata subito la prima smentita: "Il testo del decreto legge in materia fiscale per la firma del Presidente della Repubblica non è ancora pervenuto al Quirinale". 

Ma chi è il destinatario dell'accusa fatta da Di Maio? Giancarlo Giorgetti, inviso ai 5Stelle perché troppo vicino al Quirinale, o i tecnici del Mef su cui da tempo oramai i pentastellati stanno preparando una vera e propria rappresaglia? Il titolare del Mise non ha chiarito: "Tendo ad escludere responsabilità politiche, perché mi fido delle persone con cui siamo al governo", ma "in questo governo stanno avvenendo tante cose strane, tanti giochini". Il riferimento è al sottosegretario leghista? "Non mi permetterei mai. Confermo la fiducia in questo governo" e nei confronti della Lega "non ho alcuna ragione di dubitare".

E dalla Lega si fanno sentire: "Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati, stiamo lavorando giorno e notte sulla riduzione delle tasse, sulla legge Fornero e sulla chiusura delle liti fra cittadini ed Equitalia", hanno fanno sapere alcuni esponenti dei vertici leghisti dopo le parole di Di Maio a Porta a Porta.

 

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