Il giallo del decreto fiscale, le tensioni e le bacchettate dell'Ue: 24 ore infernali per il premier
Quella di giovedì è stata una giornata lunghissima e difficile, una delle peggiori da quando è al governo, per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Da una parte, l'impegno a Bruxelles con il Consiglio europeo, dove ha cercato di portare avanti la posizione italiana sulla manovra, senza trovare sponde negli altri leader Ue. Dall'altra, il caos scoppiato in patria sul decreto fiscale, con i due vicepremier e i rispettivi partiti impegnati a farsi la guerra, tanto da richiedere il suo intervento per tentare di mettere un punto prima che la situazione precipiti davvero.
Per l'avvocato del popolo il vertice europeo è stato tutto in salita. Se sperava che spiegare la manovra e le riforme ideate dal governo bastasse, sarebbero bastate forse solo le parole del presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker a disilluderlo: "so, perché me lo hanno detto al telefono, che alcuni colleghi hanno detto che non vogliono aggiungere flessibilità alle flessibilità già esistenti e non è nostra intenzione procedere così", ha tagliato corto, ricordando che "l'Italia è stata capace, negli ultimi tre anni, di spendere 30 miliardi di euro in più senza sanzioni". Ma la verità è che nessuno dei Paesi europei è andato dietro all'Italia nella battaglia per la flessibilità, anzi. Per il premier olandese Mark Rutte la riforma del meccanismo europeo di stabilità "può essere messa in pericolo a causa delle inquietudini suscitate dall'Italia".
E il presidente francese Emmanuel Macron, pur assicurando che "dopo 10 anni passati in procedura di deficit pubblico eccessivo, la Francia non dà lezioni" all'Italia, ha aggiunto che i cugini d'Oltralpe sono "per il rispetto delle regole".
"Sapevamo che questa manovra che abbiamo pensato per soddisfare le esigenze dei cittadini italiani, a lungo inascoltate, non è in linea con le aspettative della Commissione Europa. Ci aspettiamo quindi osservazioni e rilievi che stanno per arrivare e ai quali siamo pronti a replicare", assicura però il premier, che vedrà Juncker nei prossimi giorni e intanto ribadisce: "Siamo convinti di quanto fatto. La manovra è molto bella". Gli replica secco il commissario Moscovici: "Forse sarà anche bella, ma questo è un giudizio estetico. il problema qui è funzionale, giuridico e politico. E' una manovra che non rispetta le regole". Insomma, il primo capitolo del 'dialogo costruttivo' tanto invocato non volge certo a favore dell'Italia.
L'accoglienza è stata freddissima e il governo ha poco tempo per decidere come muoversi e cosa rispondere a Bruxelles lunedì per scongiurare la bocciatura a fine mese, con il giudizio dell'Ue che arriverà poco dopo quello, temutissimo, delle agenzie di rating con cui "l'interlocuzione con le agenzie di rating c'è, a vari livelli", assicura il premier, "noi confidiamo che si possa scongiurare una valutazione negativa".
Il tempo stringe ed è poco, anche perché il premier ha anche il fronte interno a cui badare. Le accuse di Di Maio sulla 'manina' che avrebbe modificato la norma sul condono nel decreto fiscale hanno creato una vera e propria spaccatura nell'asse tra Movimento 5 Stelle e Lega: in un clima di tensioni e diffidenze reciproche, Conte è sceso in campo tra i due litiganti prendendosi direttamente in carico la questione. "Il presidente del Consiglio sono io e decido io", dice da Bruxelles, annunciando la convocazione di una riunione del Consiglio dei ministri – non ancora formalizzata – per sabato mattina. Matteo Salvini inizialmente fa sapere che non ci sarà, poi cambia idea ("se serve ci sarò"). Il premier, in ogni caso, tira dritto: bisogna fissare un nuovo Cdm, ha spiegato nelle numerose telefonate avute con i due esponenti dei partiti di maggioranza, non ci sono alternative, bisogna trovare una soluzione tecnica ed eventualmente caso, politica ai problemi emersi con il dl fiscale.