L'accusa è di falso per la nomina di Marra a capo della Direzione turismo. Per il giudice il fatto non costituisce reato. La procura aveva chiesto 10 mesi di carcere

Assolta perché il fatto non costituisce reato. Virginia Raggi, con gli occhi lucidi, ascolta le parole del giudice Roberto Ranazzi che chiudono il processo di primo grado in cui è imputata per falso. Ha atteso la sentenza in aula, il viso è stanco, indossa giacca e pantaloni scuri, si commuove, mentre in aula il marito, una ventina di amici e alcuni consiglieri pentastellati battono le mani.  Poi abbraccia i suoi legali, stringe la mano al pm e in un tweet scrive: "Questa sentenza spazza via due anni di fango, andiamo avanti a testa alta per Roma, la mia amata città, e per tutti i cittadini".

Raggi era imputata per aver dichiarato alla responsabile anticorruzione del Campidoglio, di aver deciso, lei sola, ogni dettaglio della nomina a capo della direzione Turismo di Renato Marra, senza consultare il fratello del candidato (Raffaele) che all'epoca era capo del personale. La circostanza secondo la procura era smentita dalle chat in cui Raggi rimproverava l'ex capo del personale per l'aumento di stipendio a Renato Marra.

Secondo il tribunale invece, nel fornire all'Anac i chiarimenti sulla nomina di Renato Marra, Raggi non mentì. In poche parole, la sindaca ha agito in buona fede senza sapere cosa avesse fatto o deciso in merito il suo strettissimo collaboratore che per la nomina del fratello è accusato di abuso di ufficio in un processo a parte.
"Ritengo che il giudice abbia valutato in modo positivo il quadro probatorio che abbiamo proposto – spiega l'avvocato Pier Francesco Bruno, difensore della prima cittadina insieme a Emiliano Fasulo e Alessandro Mancori -. Il fatto che è stato posto all'attenzione del giudice è stato evidentemente ritenuto assente di qualsiasi dolo".

"Per i miei cittadini in questi due anni sono andata avanti – scrive su Fb la prima cittadina poco dopo la sentenza -. Umanamente è stata una prova durissima ma non ho mai mollato. Credo in quel che faccio; credo nel lavoro, nell'impegno costante, nel progetto che nel 2016 mi ha portato alla guida della città che amo follemente. Un progetto che finalmente può andare avanti con maggiore determinazione".
Poi aggiunge: "Il dibattito politico non deve trasformarsi in odio. Adesso vorrei che i cittadini, tutti, collaborassero alla rinascita di Roma. Rimbocchiamoci le maniche: da domani si torna al lavoro. Ancora più forti".

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