Interrogativi, divisioni e madipancia accompagnano il voto di oggi sul pentastellato Ministro della Giustizia
Qualcuno parla con una qualche enfasi di 'giorno del giudizio', certo è che i voti alle mozioni di sfiducia per Alfonso Bonafede, inevitabilmente produrranno una 'fase 2' anche per la maggioranza. Il ministro della Giustizia è sotto tiro del centrodestra, che non ha mai smesso di impallinarlo su tutto: dalla prescrizione alle nomine ai vertici del Dap, passando per le misure per la popolazione carceraria in tempi di Covid-19. Ma Lega, Forza Italia e FdI non sono i soli a volere lo 'scalpo' del Guardasigilli, osservato speciale anche di un pezzo della maggioranza, Italia viva. Il partito di Matteo Renzi non è mai stato tenero con l'esponente pentastellato, riservando tali e tante bordate da aver fatto traballare il governo già altre due volte, negli ultimi mesi, quando votò le mozioni di FI che avrebbero voluto bloccare gli effetti della riforma sulla prescrizione. Tentativi andati a vuoto, però.
Ora ha una nuova occasione, infatti l'ex premier ci riflette. Alle 9.30 l'aula del Senato inizia la discussione e Iv si riunisce per decidere il dafare. O meglio, se voltare il pollice in basso e mandare a casa Bonafede. Il problema è che un minuto dopo salterebbe l'intero esecutivo. A dirlo non è un esponente del M5S, ma il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, che pure con Renzi ha fatto un importante pezzo di strada politica insieme, negli anni scorsi: "Si apre una vera crisi, non si può pensare di sfiduciare il ministro della Giustizia e che la cosa si concluda con una pacca sulle spalle". Stesso concetto ribadito anche dal ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia: "Sarebbe un voto contro tutto il governo". In casa Cinquestelle Vito Crimi è convinto che non "ci saranno sorprese", ma il capo politico comunque mette le cose in chiaro: il castello crolla. Così come Luigi Di Maio, che comunque scommette sulla tenuta della coalizione: "Il governo è solido e in Parlamento lo dimostrerà".
Da Leu è Francesco Laforgia ad avvisare Renzi che "la sua strategia della tensione non è più sopportabile", soprattutto in un periodo storico come questo, in cui "gli italiani sono angosciati dall'incertezza sul proprio futuro, l'ex premier si diverte a tenere tutti sulle spine su una vicenda basata su sospetti e ospitate televisive". Chi se la ride è l'opposizione. Per il forzista Enrico Costa "il Pd è affetto da 'sindrome di Stoccolma' verso chi da due anni ha messo sotto scacco il Parlamento con le sue norme giustizialiste. Più il Guardasigilli li maltratta, più lo difendono". Tra i dem, però, c'è chi, come il capogruppo in Senato, Andrea Marcucci, scongiura il rischio di una rottura forte nella maggioranza, ma avverte Bonafede: "Può essere l'occasione per riequilibrare la politica del suo dicastero, valorizzando il fatto che è ministro di un governo di coalizione".
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