"Per noi Conte può fare quello che vuole, basta che sappia che noi non cambiamo idea", è il messaggio lasciato filtrare dal quartier generale Iv

Capire le reali intenzioni di tutti, magari attraverso un percorso di confronto a più step. Incontrare prima i capigruppo o i capi delegazione, poi i leader. In una serie di colloqui a due, per sondare il terreno prima di un vertice di coalizione che, volendo essere decisivo in un verso – salvare e rilanciare il Governo, sciogliendo tutti i nodi sul tavolo – potrebbe essere decisivo nell’altro, facendo calare il sipario sul Conte due. Il presidente del Consiglio sta ancora studiando il da farsi, ma sa che l’ultimatum posto da Matteo Renzi sulla cabina di regia che dovrà gestire il fondo del Recovery plan e sulla fondazione sui servizi segreti ha innescato un processo esplosivo che va fermato il più presto possibile. Nelle ultime ore non si registrano contatti, nemmeno tra gli sherpa che di solito anticipano le trattative, ma l’idea sarebbe quella di chiudere la partita se non prima a ridosso delle feste. I renziani restano sul piede di guerra. “Per noi Conte può fare quello che vuole, basta che sappia che noi non cambiamo idea”, è il messaggio lasciato filtrare dal quartier generale Iv.

Renzi non intende indietreggiare, ormai – ribadisce ai suoi – è una questione di principio. Prima di martedì, in ogni caso, non rientrerà a Roma. Il leader risponde a chi (ultimo Francesco Boccia secondo cui “chi parla di crisi è scollegato dalla vita reale del Paese) lo accusa di non pensare all’emergenza sanitaria: “In queste ore montano le polemiche di chi dice che in piena pandemia non si può fare politica. Io ho un concetto diverso della parola politica – mette nero su bianco nella sua enews – Se, davanti alla più grave crisi economica del dopoguerra, il Parlamento non può fare politica perché non può discutere di dove mettere i soldi dei nostri figli e il Governo deve farsi sostituire da una task force di trecento consulenti significa che c’è qualcosa che non va”. Teresa Bellanova combatte al fianco dell’ex premier e ribadisce di essere pronta al passo indietro. “Noi vorremmo continuare dare il nostro contributo per risolvere i problemi di questo paese, se invece si pensa che Iv è superflua e che le questioni che stiamo ponendo sono per visibilità, le nostre postazioni sono a disposizione. Poi le maggioranze saranno decise in Parlamento”, avverte. E se Renzi e i suoi assicurano che non sarà qualche poltrona a mettere a posto le cose, lo spettro di un rimpasto continua ad aleggiare tra i corridoi dei Palazzi. Roberto Fico non vede un Conte tre o un Draghi uno (possibile secondo altri) all’orizzonte: “Non è tempo di ricatti. Se cadesse questo esecutivo, l’unica strada possibile sarebbe il voto. Le condizioni per una nuova maggioranza non ci sono”, taglia corto.

I dem frenano. Temibili i rischi di un rimpasto, assolutamente da escludere l’ipotesi di un ‘governo ponte’ aperto anche alla destra. “Non c’è nessuna verifica. E’ in atto una discussione: noi puntiamo a migliorare il Governo. Se è questo l’obiettivo ci stiamo, se invece si vuole farlo cadere a priori, come sembra voler fare Renzi, allora non ci stiamo – trapela dal Nazareno – Conte parlerà con le forze politiche, aspettiamo di vedere che ci dice: serve maggiore collegialità, il premier deve risolvere i nodi”. Nicola Zingaretti lo dice chiaro: “Dobbiamo avere la consapevolezza che i problemi non si narrano, non si cavalcano, non si contemplano, si studiano per avere un punto di partenza, ma la sfida è quella ora della rinascita”, insiste. Conte concorda: la pandemia, ribadisce il premier, rappresenta “uno spartiacque” e il Recovery Plan dovrà essere fatto non “di vuoti slogan elettorali ma di una precisa agenda politica”.

“Per portare a casa il risultato, ammette, servirà “la forza delle persone che lavorano nella medesima direzione”. Intanto una nuova grana si apre in casa M5S, con i pentastellati pronti ad alzare le barricate senza una proroga ‘congrua’ del superbonus. Mentre i partiti litigano, un nuovo, appello alla coesione arriva da Sergio Mattarella. Il capo dello Stato rinnova il suo messaggio in occasione dell’anniversario dell’attentato di piazza Fontana: la strage, “ha interpellato in maniera esigente l’identità della Repubblica, suscitando un’unità di popolo determinante -sottolinea – per sconfiggere violenza, terrorismo, eversione”.

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