Conte si prepara alla "verifica di Natale" istituzionalizzata con una telefonata a Mattarella

Una crisi che va avanti a stop&go, tra gli azzardi di Matteo Renzi, il gioco di rimessa di Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, e la tattica di Giuseppe Conte. Adesso, però, la ‘verifica di Natale’ c’è. Istituzionalizzata da una telefonata del premier a Sergio Mattarella e non più solo oggetto dei retroscena di stampa o dei capannelli dei parlamentari nei corridoi dei Palazzi. Il presidente del Consiglio non ne ha ancora definito tempistica e modalità. I ‘paletti’ arrivati dal Quirinale, allora, segnano bene il perimetro entro cui tracciare la rotta: nessun cambio ai ministeri di peso, dall’Economia alla Salute, e poi Interno, Esteri e Difesa. Nessuna ‘crisi al buio’ che genererebbe il caos, in un momento in cui il Paese, tra pandemia, piano vaccini, Recovery plan e presidenza del G20, non può certo permetterselo. Dal palazzo dei Papi filtra la “preoccupazione” del presidente per quella che viene definita una “settimana cruciale” per la stabilità del Paese.

Conte vuole vederci chiaro ed è in questa direzione che va la telefonata al Colle più alto. La partita a poker che giocano i suoi alleati è fatta di tanti non detti ed è invece sulla trasparenza che Conte vuole portare chi siede al tavolo. Di qui la scelta – da un lato – di provare a sciogliere i nodi e accontentare le richieste arrivate dai partiti e dall’altro verificare con i capigruppo o i capidelegazione prima, e i leader poi, il grado di avanzamento della trattativa. Per sminare il dossier Recovery, l’idea potrebbe essere quella di riportare il pacchetto sotto il controllo dei ministeri e magari pensare ad una “classica unità di missione” che velocizzi le procedure senza scavalcare i dicasteri o far perdere loro la funzione decisionale. Più difficile che il dossier finisca sui tavoli economici che già si riuniscono in Parlamento, fuori dai radar – quindi – della squadra di Governo.

Intanto, a frenare i venti di crisi, arrivano le parole di Nicola Zingaretti e quelle di Luigi Di Maio. Il segretario Pd ribadisce la necessità di “un rilancio, una ripartenza. Non bisogna nasconderlo questa esigenza è avvertita da tutti. Dal Pd, dai 5 Stelle, da Italia viva, da Leu e, sono convinto, anche dal presidente Conte”, spiega. Detto questo, però, il leader dem ribadisce di considerare “la conclusione dell’attuale esperienza di governo come un’avventura pericolosa. Una crisi al buio che non prospetta alcunché di buono per il futuro”, avverte. L’avviso ai naviganti è ovviamente per Matteo Renzi: “Non è che può pensare di spaccare il Governo, buttare giù tutto, tanto poi non si va a votare – è il ragionamento – quando si apre una crisi, non si sa mai come si chiude”. Goffredo Bettini lo dice chiaro, tentando di rassicurare l’inquilino di palazzo Chigi: “Noi ci impegneremo chiarendo fermamente che contrasteremo ogni tentativo di utilizzare i problemi per ribaltare l’attuale governo e l’attuale premiership. Se cade questo governo, secondo noi in questa legislatura non potrà essercene un altro. Nessuno potrà ricomporre i cocci. E sarebbe insano ritentarlo. Meglio il voto, di fronte al quale ognuno si assumerà le proprie responsabilità”, scandisce.

Anche il ministro degli Esteri, che secondo alcuni retroscena sarebbe pronto a sostituire Conte alla guida del Governo, interviene per rassicurare il premier: “Oggi ancora fake news su di me, evidentemente qualcuno semina zizzania, quindi voglio essere chiaro: è fuori dal mondo mettere in discussione Giuseppe Conte. Se poi ci sono differenze di vedute, si risolvono da persone adulte, ma basta falsità!”, scrive su Twitter.

La linea di Renzi e dei suoi, però, non cambia. Su cabina di regia e servizi segreti serve un passo indietro, altrimenti sarà crisi. “Noi ci auguriamo ci sia responsabilità, non vogliamo la crisi – assicura Maria Elena Boschi – ma se si dovesse aprire non credo che andremmo a elezioni”. Innanzitutto, argomenta la capogruppo renziana, “perché abbiamo la possibilità di eleggere un presidente della Repubblica europeista e non sovranista” e poi perché “tanti” del M5S, il partito di maggioranza relativa “non tornerebbero in Parlamento”.

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