Il premier a Matteo Renzi: "Il governo non può galleggiare, ultimatum inammissibili in politica"

Gli anni bellissimi ormai sono nel libro dei ricordi e anche l’ ‘andrà tutto bene’ della primavera assume il sapore di una beffa a conclusione del 2020. Nella tradizionale conferenza di fine anno, il premier Giuseppe Conte ammette che in effetti “non va tutto bene”, che il suo governo non può “galleggiare” anzi “dobbiamo accelerare”, sul Recovery plan innanzitutto, e che “sono qui per programmare il futuro e non una campagna elettorale”. Il che vuol dire che “se verrà meno la fiducia da parte di una forza di maggioranza, ci sarà un passaggio parlamentare dove ognuno si assumerà le proprie responsabilità”. Il messaggio è chiaro: “Non voglio credere che in una scenario del genere si arrivi a una situazione del genere. Alla crisi”.

A Matteo Renzi che nell’aula del Senato, durante il voto di fiducia sulla manovra, cita Aldo Moro sottolineando che ‘la verità illumina e dà coraggio’, l’avvocato risponde con un altro passaggio del leader Dc: “gli ultimatum non sono ammissibili in politica, perché hanno il significato di far precipitare le cose e impedire di raggiungere soluzioni positive”. E ribadisce la volontà di cercare il dialogo e “tentare una sintesi superiore nell’interesse del Paese”. Nessuna sfida, assicura, piuttosto la volontà di agire “in modo trasparente”. E se le cose non funzioneranno il Parlamento è la strada da seguire, ma “non vado alla ricerca di un altra maggioranza, lavoro con quella che ho”. Per dirla chiaramente: “Io non lavoro a una mia lista, lavoro al meglio, con disciplina e onore”.

Nonostante tutti gli avvertimenti di Italia Viva, il premier è fiducioso che si possa andare avanti. Dialogando, appunto, per trovare “soluzioni che rientrano nel perimetro dell’interesse nazionale”. E se tra le condizioni ci fosse il rimpasto, che aleggia ormai da mesi? Conte, tifoso romanista, mette la fascia del capitano che “difende in tutti i modi la sua squadra”. Ma certo il problema, se posto dai suoi alleati, verrà affrontato. Anche se significasse essere affiancato da due vicepremier: “È una formula che abbiamo seguito nel precedente Governo, con scarso successo, ma questo non vuol dire”. Andare avanti, dunque, cercando di appianare tensioni e incomprensioni. Come quella che riguarda la delega ai Servizi e fa storcere il naso ai renziani: “Chi mi chiede che devo delegare deve spiegare – sfida a sua volta Conte – Domanda: perché si chiede a un presidente del Consiglio di liberarsi dei suoi poteri? Io non posso liberarmi. Io ne rispondo comunque. Che mi avvalga o meno di nominare una persona di fiducia”.

I prossimi mesi sono segnati dalla partita – fondamentale – del Recovery fund. Ed è per questo che è urgente la sintesi politica, ribadisce Conte che annuncia un Cdm nei primi giorni di gennaio, poi il confronto con le parti sociali e un passaggio in Parlamento per avere il progetto definitivo a metà febbraio. Una cosa è certa: la struttura di governance ci sarà perché la chiede la Ue, “sarà una struttura di monitoraggio per declinare i contorni, la fisionomia e i percorsi preferenziali per opere e investimenti”. Il come è ancora tutto da capire. Ma nei prossimi mesi c’è anche la sfida del lavoro, con il blocco dei licenziamenti che scade a marzo: le criticità sono evidenti, l’obiettivo dichiarato è provare a tamponare con la riforma e riordino degli ammortizzatori sociali rendendo più incisive le politiche attive. Nel frattempo fa da cuscinetto anche il reddito di cittadinanza, una misura di cui “sono molto soddisfatto”. “Tanti mi hanno scritto – osserva Conte – dicendomi che da anni non compravano una bistecca o un paio di occhiali, una protesi dentaria. Poi certo possiamo senz’altro migliorarlo”. Lo sforzo, ricorda l’avvocato del popolo, “è non perseguire l’interesse personale, non cedere a lobby e pressioni di potere, ma tenere la barra dritta per trovare una sintesi politica nell’interesse dei cittadini”. Una cosa non vuole che gli si dica: ” ‘Tu stai qui nel tuo interesse personale’, perché non è così”. 

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