La replica del premier nell'Aula di Palazzo Madama
Il nome di Matteo Renzi lo pronuncia solo una volta, dopo due giorni di dibattito tra Camera e Senato. Lo fa dopo aver ascoltato anche l’intervento del senatore fiorentino che non ha risparmiato critiche né al governo né allo stesso premier. Nella replica nell’aula di palazzo Madama Giuseppe Conte perde per un attimo il consueto aplomb, conclude il suo intervento con una serie di strali contro l’ormai ex alleato – per lui la porta è chiusa, chiusissima, giurano i suoi – tanto da dimenticarsi per un attimo di porre la questione di fiducia sulla risoluzione di maggioranza. “Se questo governo non avrà i numeri andrò a casa”, tuona Conte rispondendo all’accusa di essersi arroccato, “parlate sempre di poltrone, ma io non mi vergogno di dire che sono seduto su queste poltrone, non ci si deve vergognare se ci si siede con disciplina e onore”.
Il premier ricorda che il confronto non è mai mancato e quando si è scelta quella strada “”avete trovato il sottoscritto a difendere le vostre posizioni”. Ma a un certo punto Iv, sottolinea, ha preso una strada diversa, che non è “quella della leale collaborazione. Diciamolo di fronte a tutti: non è stata la strada giusta nell’interesse del Paese” è il j’accuse del premier che in mattinata aveva parlato della difficoltà di governare “quando il terreno è disseminato continuamente di mine difficilmente superabili”.
Il recovery, ricorda il premier, “non è stato elaborato in qualche oscura cantina di palazzo Chigi ma in incontri con tutti i ministri, anche le ministre di Iv” da cui è venuta fuori una bozza “che avete voluto distruggere mediatica mente”. Il risultato? “Abbiamo perso 40 giorni – punta il dito Conte – e ora dobbiamo correre perché una struttura di monitoraggio ci vuole, la chiede l’Europa”.
Fare presto, dunque. Conte risponde ad alcune delle critiche sollevate. Dal calo della natalità ai tanti morti, “teniamoli fuori dalla polemica politica”, per poi assicurare che “stavamo già lavorando al patto di legislatura, lavoreremo se avremo la fiducia al rafforzamento della squadra di governo”. Se Renzi è fuori dalla maggioranza non è detto che lo siano tutti i renziano, è il ragionamento che fanno a palazzo Chigi, e poi ci sono gli ex M5s, qualche forzista, il centro che possono contribuire di qui a un mese al progetto dei ‘costruttori’ per stabilizzare la maggioranza e arrivare al 2023. Ma l’appello, assicura Conte, è “trasparente”, sull’apertura sulla legge elettorale proporzionale parla di “malizie”, perché la proposta è quella di adesione a un progetto “che ha un perimetro già delimitato” dal dialogo delle forze di maggioranza “ma ben aperto a chi vuole migliorarlo, a chi vuole portare un contributo di idee e progetti”. C’è urgente bisogno di fare politica, è l’invito di Conte, per impedire che il malcontento “esploda in contrapposizioni distruttive”, che le istanze della società rimangano inascoltate e si trasformino in rabbia.
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