Rafforzare i numeri alla Camera e al Senato, formare un nuovo gruppo parlamentare. Passata la prova del Senato, è questo l'imperativo per Giuseppe Conte

Rafforzare i numeri alla Camera e al Senato, formare un nuovo gruppo parlamentare. Passata la prova del Senato, è questo l’imperativo per Giuseppe Conte: non solo per poter navigare in acque più sicure nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama, ma anche (e forse soprattutto) per gestire le commissioni parlamentari. Le piccole aule come sono, al momento, rischiano di diventare un Vietnam per l’esecutivo.

Alcuni esponenti di Italia viva presidenti di commissione, cui è affidato il computo di predisporre programma e calendario: è il caso di Luigi Marattin alla Finanze di Montecitorio. Anche nel passaggio di maggioranza dal Conte I al Conte II, si impose il nodo delle presidenze, si sciolse solo il 29 luglio dell’anno scorso, a metà legislatura (ogni 2 anni e mezzo, infatti, vengono cambiate le presidenze).

Ma il vero problema, per l’esecutivo, arriverà al momento del voto dei commissari: le proposte del Governo potrebbero “andar sotto” e passare. Un nuovo gruppo parlamentare (che potrebbe essere il Maie, se si rafforzasse uscendo dall’essere solo una componente del Misto) potrebbe cambiare le carte in tavola.

La materia è estremamente complicata, varia di commissione in commissione, e dipende non solo dalla scelta di Italia viva, che potrebbe schierarsi con l’opposizione, ma anche da deputati e senatori del Gruppo Misto, non sempre prevedibili.

Alla Affari costituzionali della Camera, per esempio, se i renziani votassero assieme al centrodestra, si potrebbe finire pari, nel qual caso il provvedimento non verrebbe adottato. Alla Giustizia, potrebbero rivelarsi decisivi per la maggioranza i voti dell’ex M5S Andrea Cecconi (ora iscritto al Maie) o di Enrico Costa (+Europa-Azione).

Nella Bilancio del Senato, infine, l’ago della bilancia potrebbe essere quel Raffaele Fantetti, ex FI e ora promotore dell’iniziativa ‘Italia 23’ che è andato ad unirsi proprio con Maie. “Questo è il governo Di Maie, altro che Giuseppi”, scherza (ma non troppo) il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri rieccheggiando il cognome del ministro degli Esteri.

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