Oggi il secondo giorno di consultazioni del premier: il centrodesta va separato

Nel primo giorno di consultazioni Mario Draghi incassa una serie di segnali positivi ancora prima di avviare il tavolo. C’è l’endorsement di Silvio Berlusconi, che del successo dell’ex Bce si è sempre intitolato una parte di merito, avendolo indicato all’epoca per Francoforte. C’è quello di Giuseppe Conte, che parla in piazza fuori palazzo Chigi a favore di un ‘governo politico’: una mossa attesa dal Pd, che si spertica in lodi, ma che è più frutto della presa di posizione dell’ala più conciliante del Movimento a sedersi al tavolo a vedere. E delle parole di Luigi Di Maio, che poche ore prima invita la sua forza politica a mostrarsi “matura agli occhi del Paese”. E pure la Lega, dopo il rompete le righe di Forza Italia, apre alla possibilità di un sostegno a determinate condizioni. Mentre da FdI Giorgia Meloni sembra propendere per l’astensione ma “se poi portasse dei provvedimenti che io condivido per il bene dell’Italia io li voto”.

Insomma, incassato l’appoggio scontato dei vari gruppi misti e minori incontrati giovedì sera alla Camera, il problema per Draghi è ora metter d’accordo tutti quelli che vogliono stare con lui ma non tra di loro. Il Pd riunisce la direzione nazionale con Zingaretti che propone di darsi da fare per garantire “una maggioranza e un profilo programmatico forti”, ma arriva l’altolà del capogruppo al Senato Andrea Marcucci: “Non ci sono le condizioni per stare con la Lega”. E dal Carroccio Salvini spiega che “Draghi dovrà scegliere tra Grillo e la Lega. In base alle risposte che avremo, faremo le nostre scelte”. I cinque stelle sono i più inquieti. Lo spettro dell’autodistruzione tramite scissione dei dibattistiani preoccupa tutti ma, è la domanda, qual è l’alternativa? E se le parole di Conte hanno sbloccato l’impasse dei costruttori, hanno gettato nel panico tutti. “Io ci sono e ci sarò”, ma in che senso? Qualcuno ipotizza l’Opa dell’avvocato sul Movimento, qualcuno lo vede rivendicare per sé un posto nel governo. Che, salvo sorprese, non dovrebbe esserci. Del resto l’avevano detto pure da palazzo Chigi: “indiscrezioni destituite di fondamento”.

E’ chiaro però ormai che il governo Draghi non sarà esclusivamente tecnico: il ‘modello Ciampi’, tecnici e politici insieme, sembra l’ipotesi più accreditata per l’economista che metterebbe in cassaforte il sostegno dei partiti chiamando nella sua squadra i leader, o comunque i big. Non Conte e nemmeno Renzi che assicura che non ci sarà, “assolutamente no, non sono della partita”. Potrebbe esserci Luigi Di Maio, anche mantenendo la Farnesina – e nel M5s sperano di arrivare a due, magari tre caselle – mentre Zingaretti per la prima volta non si tira fuori: “Io ministro? Ne parleremo con il presidente Draghi e con il mio partito ma faccio il presidente di Regione e faccio già grande fatica così”. Nel Pd comunque rimangono quotati Dario Franceschini e Francesco Boccia.

Buone chance anche per Roberto Speranza, a capo di un ministero delicatissimo in piena pandemia: “Credo che dare continuità sia assolutamente importante”, raccomanda il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. L’alternativa potrebbe essere la scienziata Ilaria Capua. E al Viminale potrebbe rimanere il prefetto Luciana Lamorgese, che è un tecnico e non un politico. Le new entry? Il nome più accreditato per il ministero dell’Economia è quello di Fabio Panetta, uno dei Draghi boys oggi nel board Bce, prima in Bankitalia. Per la giustizia aleggia quello di Marta Cartabia, ex numero uno della Consulta, oppure Paola Severino, già nel ruolo ai tempi di Monti. Al Lavoro si parla dell’ex presidente Istat Enrico Giovannini, anche se da Iv sarebbero pronti a suggerire il nome di Maria Elena Boschi. In ogni caso per riempire le caselle bisogna capire prima chi ci sta e a quali condizioni. Ecco perché dopo aver chiuso le consultazioni, sabato all’ora di pranzo, Draghi potrebbe informare il capo della Repubblica e poi tirare la somma con un secondo giro velocissimo. Non è escluso, prima di definire il programma, anche un passaggio con le parti sociali: Confindustria ha già fatto sapere di sperare nella cancellazione del reddito di cittadinanza e di quota 100, mentre dalla Cgil Maurizio Landini chiede riforma delle pensioni e proroga del blocco dei licenziamenti.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata