Sui vaccini il nuovo governo punta al cambio di passo e il primo a sottolinearne l’esigenza è proprio il presidente del Consiglio Mario Draghi secondo il quale “la nostra prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficientemente“.
L’ex presidente della Bce punta a mantenere ciò che di buono si è fatto, esalta il ‘miracolo’ di sieri preziosi prodotti in meno di un anno, ma non manca di evidenziare che la strada è ancora lunga e sottotraccia elenca tutte le criticità di una campagna vaccinale partita, ma che stenta a decollare ed è ancora lontanissima dall’esser di massa.
“Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari – chiosa -. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private“. ‘Primule’ addio, o quasi, è il messaggio, mentre la sfida è fare in modo che tutti, dai medici, ai volontari della protezione civile, ai farmacisti, siano messi in condizione di dare un contributo alla campagna vaccinale più grande di sempre.
Il primo ostacolo da superare restano i rifornimenti, sui quali ci sono ancora enormi incognite che potrebbero rallentare ulteriormente i tempi proprio quando il pericolo varianti impone di spingere sull’acceleratore. Anche su questo fronte per Draghi bisogna cambiare, “imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate”.
Fare ‘prima e meglio’ è l’obiettivo. Ma sul come raggiungerlo ancora mancano punti fermi e a dimostrare che la macchina stenta a ingranare la marcia giusta, sta il fatto che alcune Regioni, Veneto in testa, si muovano in autonomia, dicendosi pronte ad acquistare i vaccini di quelle stesse aziende che minacciano di tagliare le consegne a Europa e Italia.
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