Sono lontani i numeri di Mario Monti, ma il 'tesoretto' di fiducia è davvero ampio per l'ex presidente della Bce. Giovedì voto alla Camera

Il primo passo è fatto. Il governo Draghi supera il primo scoglio al Senato con 262 voti a favore, 40 contrari (15 del M5S, tra cui Barbara Lezzi e Nicola Morra) e 2 astenuti. Sono lontani i numeri di Mario Monti, ma il ‘tesoretto’ di fiducia è davvero ampio per l’ex presidente della Bce, che giovedì sarà alla Camera per la seconda sfida. Il cammino dell’esecutivo dovrà essere a passo spedito e con obiettivi chiari: lotta alla pandemia, piano di vaccinazione, ripresa economica, Recovery plan, fisco, lavoro, collocazione internazionale del Paese, contrasto ai cambiamenti climatici, ambiente e innovazione tecnologica. Tanta la carne a cuocere sul fuoco dell’ex Bce, che parte con un consenso molto ampio e un doppio patto di non belligeranza, quello tra Nicola Zingaretti e Matteo Salvini, ma soprattutto nel corpaccione Cinquestelle, che vota sì sottolineando che “non è una fiducia in bianco”. La formula è un po’ vaga, ma sufficiente a contenere il dissenso e lasciare che siano i fatti a convincere i più scettici. Nel frattempo Draghi va avanti per la sua strada, con piglio più politico di quello che l’aula di Palazzo Madama si aspettasse. Quasi da leader.

Ne ha per tutti il premier, anche se in pillole. Da Matteo Salvini, al quale consegna il messaggio indiretto che “l’euro è irreversibile”, al Pd, cui ricorda l’importanza di dare spazio alle donne, ai Cinquestelle appellandosi più volte all’unità e alla responsabilità nazionale. Non dimenticando di citare e ringraziare sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che il suo predecessore, Giuseppe Conte, tendendo così una mano a quanti si sentono ancora legati all’ex premier. E un colpetto arriva anche ai suoi ministri, quando si impegna pubblicamente “a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole”. Un chiaro riferimento alle polemiche sulla chiusura degli impianti sciistici deciso a poche ore dalla riapertura.

Ma al centro di tutto c’è la questione sanitaria, che ha due profonde direttrici: “Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme”. E poi c’è il piano vaccini in cui infilare il giravite per sbloccare il meccanismo: “La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus”. Il contrasto al Covid-19 è la base di partenza, anche per l’economia, per riportare “nel più breve tempo possibile” alla “normalità” del lavoro. Per i cittadini e le imprese.

Draghi parla 50 minuti circa, lentamente ma con buon ritmo, mostrando anche un lato molto ‘umano’, emozionale, che lo porta a sbagliare la lettura di alcuni numeri della pandemia. Non ci sono applausi scroscianti, dai banchi di maggioranza e opposizione, ma grande attenzione ad ogni sua parola.
Anche alle virgole, quelle dove la politica di solito nasconde le postille più insidiose. Non è il caso del nuovo premier, che prova anche a spiegare dove metterà mano su fisco e lavoro, sul Pnrr, che partirà dal lavoro di Conte, Gualtieri e Amendola, ma sarà approfondito e scritto per riattivare quelle leve economiche ferme da troppo tempo nel nostro Paese. I senatori ascoltano in presa diretta, i deputati ‘sbirciano’ dalla televisione aspettando l’ex Bce in aula il giorno dopo. Ma fuori attendono le imprese, l’Europa, il Paese. I cittadini, ed proprio questo che chiede ai suoi ministri e al Parlamento: sentirsi parte di questa esperienza di unità nazionale, guardando dall’angolatura degli italiani. Ma con una responsabilità in più. Enorme, da non deludere.

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