Palazzo Chigi: "Colloquio lungo e cordiale". Il segretario dem insiste sull'aumento progressivo delle tasse di successioni milionarie

Un colloquio “lungo e cordiale”, per Palazzo Chigi. Un confronto “cordiale e positivo” tra due persone “che hanno una consuetudine di rapporti e di un confronto molto diretto”, per il Nazareno. All’indomani dello stop senza appello arrivato dal premier alla proposta dem di una ‘dote ai 18enni’ da finanziare con un aumento progressivo delle tasse di successioni milionarie, Mario Draghi e Enrico Letta provano a chiarire. Nessuno strappo tra i due, nessuna tensione – filtra da entrambe le parti – ma un faccia a faccia necessario per spiegare le posizioni di entrambi.

Letta tira dritto. Il futuro della ‘generazione Covid’, più che una battaglia ‘elettorale’, è per il leader dem l’orizzonte verso cui tendere le politiche dei prossimi anni ed è per questo che – secondo il Nazareno – non ci si può tirare indietro. Il lavoro su una riforma fiscale complessiva, auspicato da Draghi, non è in discussione, ma la ‘dote per i 18enni’ resta per il Pd un obiettivo di questa legislatura. “Io ho fatto una proposta sui giovani. E poi, con serietà, ho parlato di come finanziarla. Ma vedo che si continua a parlare solo di patrimoni e successioni. Ne traggo la triste ennesima conferma che non siamo un paese per giovani. E non mollo”, mette nero su bianco il segretario su twitter, annunciando poi la sua partecipazione domenica sera a ‘Che tempo che fa’ per “spiegare nel dettaglio la proposta” e “ribattere alle critiche di tutti quelli che non vogliono che l’1% del Paese aiuti i diciottenni”. La proposta dem prevede di aumentare progressivamente dal 4% al 20% la tassa di successione per i patrimoni superiori a 1 milione di euro (riservando l’aliquota più alta per i patrimoni superiori ai 5 milioni e considerando per i beni immobili il valore catastale che è di gran lunga inferiore a quello commerciale – fanno notare dal Nazareno) recuperando così risorse per 2,8 miliardi l’anno da destinare ai 18enni.

“E’ anche come finanzi un intervento così cospicuo (10mila euro a ragazzo), prolungato nel tempo (avrebbe una durata di 5 anni) e selettivo (andrebbe speso per formazione e istruzione; lavoro e piccola imprenditoria; casa e alloggio) che lo qualifica”, insistono al Nazareno. Farlo a debito, è il ragionamento, sarebbe come “una partita di giro”, mentre per i dem è giusto che questa redistribuzione destinata ai ceti meno abbienti e medi (la metà dei 18enni italiani) sia ripagata “da quell’1% di popolazione che tecnicamente può permetterselo”, in una sorta di “risarcimento” rispetto alle nuove generazioni, “doveroso” dopo la crisi economica e la pandemia.

Il termometro delle reazioni interne – per lo stato maggiore dem – mostra una “sostanziale tenuta interna”, con il sì registrato dai dirigenti di tutte le aree. E se spiccano i No di Andrea Marcucci e Vincenzo De Luca, vengono “messi in conto” in quello che è il naturale “confronto interno di un grande partito”.

Non solo. L’aver proposto “una cosa di sinistra”, con una forte “operazione di redistribuzione selettiva e non più universale” ha avuto il merito, per il Nazareno, di “ricomporre” il quadro politico classico. “A parole tutti si schierano con i ceti meno abbienti – è l’attacco – ma poi la destra, Meloni compresa, si è ricompattata contro una tassa che andrebbe a colpire l’1% degli italiani”. Questo, per i dem, è un ulteriore “elemento di chiarezza”, anche in vista del superamento della “fase emergenziale” rappresentata da questo Governo. “La contrapposizione centrodestra versus centrosinistra è sana per la democrazia”, è la linea. In questo senso, poi, i dem notano anche la netta opposizione di Italia viva. “Chiarezza”, è il refrain.

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