Il toto-nomi ruota attorno a Draghi e Berlusconi, ma il boom della pandemia potrebbe rappresentare un problema per il voto

Berlusconi e Draghi, Draghi e Berlusconi. Da settimane il toto-Quirinale ruota attorno a Cav e premier. Eppure negli ultimi giorni un altro protagonista si è fatto largo con sempre maggiore insistenza nel dibattito sull’elezione del prossimo presidente della Repubblica: si tratta di Omicron. L’ultima variante del Covid-19 sta progressivamente alterando lo scenario, e rappresenta una incognita in vista del voto. La data in cui Parlamento e delegati regionali verranno convocati in seduta comune si conoscerà martedì prossimo. Intanto però gli effetti della mutazione del virus sulla politica italiana si sono già manifestati in occasione del via libera della Camera alla legge di bilancio. Un voto, quello sulla manovra, all’insegna delle assenze in Aula come fatto notare dal deputato dem Stefano Ceccanti. “400 deputati su 630 presenti anche a causa della variante Omicron”, sottolinea su Twitter il costituzionalista, chiedendo se “qualcuno che può decidere sta pensando a come eleggere il Presidente in modo regolare e razionale”.

Da quanto emerge dai tabulati di Montecitorio, ed escludendo i 72 deputati in missione, alla fine sono stati ben 156 i forfait. Praticamente dimezzato il gruppo Misto, con 35 membri non presenti. Numeri simili per M5S e FI, che hanno fatto registrare 31 assenti per gruppo. Di poco più basso il dato della Lega, con 27 assenti. Tre defezioni anche per Leu e Italia Viva, mentre nel Pd sono stati 13 i dem a marcare visita. In pratica sommando i numeri dei principali partiti di maggioranza, i deputati non presenti in Aula sono stati oltre 100. Ovviamente non tutti causa virus. Secondo quanto si apprende sarebbero una trentina quelli costretti a casa dal Covid, o perché positivi o perché in quarantena. E l’aumento dei contagi ormai in atto nel Paese potrebbe portare il Parlamento a decidere di introdurre l’obbligo di mascherina Ffp2 al rientro dalla pausa per le feste. Allo studio anche l’applicazione del green pass rafforzato, mentre già è sicuro che per l’elezione del Capo dello Stato si terrà una sola votazione al giorno. Certo il 10 gennaio, quando deputati e senatori torneranno al lavoro, scatteranno le nuove norme varate in Consiglio dei ministri sulla quarantena che dovrebbero alleggerire la situazione, e quindi al momento è escluso che i 1009 grandi elettori possano votare da remoto come richiesto proprio da Ceccanti per evitare pericolosi assembramenti.

Un altro pericolo, di tutt’altro genere, è invece quello che vuole scongiurare Enrico Letta. Il segretario dem continua infatti a stoppare la corsa di Silvio Berlusconi. “C’è bisogno di un capo dello Stato non divisivo e non eletto sul filo dei voti. Il Cav? Non è candidato ufficialmente, quindi per me non è in campo – spiega il segretario dem -. Certo il profilo che ho delineato non va nella sua direzione”. Concetto ribadito anche dal suo vice Giuseppe Provenzano: “Chi avanza candidature come quella di Berlusconi si sta assumendo una duplice responsabilità: quella di bloccare il quadro politico e allo stesso tempo di terremotarlo”. Differente invece il ragionamento sull’ipotesi che Draghi possa traslocare da Chigi al Quirinale. “Dobbiamo tenercelo stretto, in un modo o nell’altro” avvisa Letta. E se davvero toccasse all’ex numero uno della Bce salire al Colle, “servirebbe una sorta di doppia elezione, un accordo contestuale anche sul nome del sostituto”, per evitare il ritorno alle urne.

A non escludere del tutto il voto anticipato è Matteo Renzi. “Nel 2022, se non ci saranno elezioni, torneremo sul camper a girare il Paese”, annuncia nella sua enews il leader di Italia Viva ringraziando Sergio Mattarella (“è stato un arbitro impeccabile”) e assicurando che lavorerà nelle prossime settimane al tema affinché “il quadro istituzionale sia all’altezza dei sogni del nostro Paese”. “Noi inizieremo il 2022 votando Casini”, conclude facendo però riferimento a Valerio, il candidato di Iv alla suppletive di Roma, e non a Pier Ferdinando, nome uscito a più riprese come possibile candidato al Colle. Chi invece vorrebbe puntare su una donna (l’ultimo nome finito sulla stampa è quello di Silvana Sciarra, giudice della Corte costituzionale) è il presidente del M5S Giuseppe Conte, le cui ultime mosse tuttavia hanno prodotto non pochi malumori sia all’intero del Movimento che nel Pd. L’apertura al centrodestra, dopo il vertice con Letta e Speranza, e i timidi contatti con Salvini, non hanno prodotto grandi risultati e il timore tra i Cinquestelle adesso è quello di non riuscire ad incidere nella partita più importante pur essendo il partito di maggioranza relativa.

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