Un anno solare, due presidenti del Consiglio a palazzo Chigi. Pronti, via. Il 2021 del sessantaseiesimo Governo della Repubblica italiana parte con i fuochi d’artificio. L’esecutivo giallorosso guidato da Giuseppe Conte, infatti, è alle prese con il primo ok al Piano nazionale di ripresa e resilienza e le turbolenze con la componente di Italia viva. Le ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti si astengono sul Pnrr – per il poco tempo avuto a disposizione per esaminarlo e per l’assenza del Mes – il 12 gennaio e il giorno dopo Matteo Renzi ritira la sua delegazione al Governo. Il premier ottiene la fiducia di Camera e Senato sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, ma si trova costretto al passo indietro perché consapevole che la relazione del guardasigilli Alfonso Bonafede sulla giustizia non avrebbe avuto i numeri del Parlamento.

 Il 26 gennaio Conte sale al Quirinale e si dimette. Sergio Mattarella inizia quindi le consultazioni e, dopo un primo giro, affida al presidente della Camera Roberto Fico un mandato esplorativo per verificare la possibilità di un Conte ter. Dopo trattative serrate, caccia ai ‘costruttori’ e sfide a distanza tra Conte e Renzi, il tavolo salta e Fico comunica l’esito negativo della sua esplorazione. E’ il 2 febbraio e Mattarella convoca al Quirinale per il giorno successivo “il professor Mario Draghi”. L’ex presidente Bce accetta con riserva l’incarico di formare il Governo. Svolge due giri di consultazioni alla Camera e, il 12 febbraio, accetta l’incarico. A comporre la maggioranza di Governo quasi tutto l’arco parlamentare: M5S, Lega, FI, PD, IV, Art.1, +Eu, NcI e CD, con l’eccezione di FdI e Sinistra italiana. I leader politici, fatta eccezione per Roberto Speranza, confermato ministro della Salute, restano fuori dal Governo. L’esecutivo, che vanta numeri record, ottiene la fiducia al Senato il 17 febbraio con 262 voti favorevoli, 40 contrari e 2 astenuti e il giorno dopo quella della Camera con 535 sì, 56 no e 5 astenuti.

 E’ il dossier Covid che il premier si trova ad affrontare per primo. La conferma delle misure che vietano lo spostamento tra le Regioni, dati alla mano, è inevitabile. La strategia di contrasto alla pandemia, però, cambia. Draghi punta innanzitutto sull’accelerazione della campagna vaccinale e affida la macchina al generale dell’esercito, Francesco Paolo Figliuolo, che va a sostituire Domenico Arcuri. I contagi impongono a marzo una nuova stretta per Pasqua, mentre alcune morti o complicazioni legate al vaccino Astrazeneca costringono il ministero della Salute a un breve stop nella somministrazione del siero. La comunicazione che riguarda la pandemia finisce sotto attacco. Il premier, allora,corre ai ripari: sceglie di vaccinarsi con Astrazeneca e ridisegna la composizione del Comitato tecnico scientifico, che passada da 26 a 12 componenti, dei quali solo 5 vengono confermati. Aprile è il mese delle prime riaperture e del documento di definizione del Pnrr e si registrano le prime tensioni interne. Nasce il ‘Green pass’, riservato a vaccinati, guariti o tamponati per spostarsi tra le regioni, ma i ministri della Lega, contrari al mantenimento del coprifuoco alle 22, in Cdm si astengono e non votano il provvedimento. Matteo Salvini attacca a più riprese Roberto Speranza, ma il premier si schiera al fianco del ministro della Salute che supera indenne tre mozioni di sfiducia del Parlamento nei suoi confronti. Nel mirino del Carroccio finisce spesso anche la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, dal momento che sulle coste sono ripresi gli sbarchi. Il presidente del Consiglio, non a caso, sceglie Tripoli quale meta del suo primo viaggio all’estero. Tornare in Libia dopo aver chiesto una gestione condivisa dei flussi in Europa significa provare a governare il fenomeno, ripristinando la legalità e riformando l’accoglienza. La missione è complicata e costa a Draghi le prime critiche anche da parte della sua maggioranza. Il premier, infatti, si dice “soddisfatto” dei salvataggi in mare fatti dai libici e la sinistra insorge. Aprile, poi, è anche il mese dell’ok al Pnrr: sono 51 gli obiettivi che l’Italia dovrà raggiungere nel 2021 per ottenere la prima tranche di fondi.

 L’Italia, intanto, con l’avvicinarsi della bella stagione diventa prima tutta arancione e poi gialla. Continua il braccio di ferro sul coprifuoco, che viene spostato alle 23 a maggio e poi archiviato a giugno. Intanto la campagna vaccinale corre e l’economia comincia a segnare una ripartenza. A livello internazionale il summit di Porto e il G7 in Cornovaglia mettono in evidenza un nuovo protagonismo dell’Italia, presidente di turno del G20, e un asse sempre più saldo con la Germania di Angela Merkel e la Francia di Emmanuel Macron.

 Il 25 giugno l’Italia è tutta bianca, ma i partiti si dividono sulla strategia di utilizzo del Green pass, dato anche il diffondersi della protesta in diverse città. Non solo Covid, però. Il Pnrr impone, di fatto, la riforma della giustizia civile e penale ed in questo caso è il M5S a fare le barricate per difendere la riforma della prescrizione targata Bonafede. In tandem con la guardasigilli Marta Cartabia il premier porta a casa il provvedimento, ma a livello politico gli strascichi non mancano. Intanto, sulla certificazione verde il governo tira dritto: prima è obbligatoria per per accedere a ristoranti al chiuso, cinema, teatri, musei, piscine, palestre, enti sportivi, concerti e concorsi. Poi viene estesa a docenti e per i trasporti di lunga percorrenza, infine – a ottobre – a tutti i lavoratori. La tensione sale, tanto che – a inizio ottobre – alcuni no vax e membri di Forza Nuova attaccano e devastano la sede della Cgil,a Roma. Draghi si reca personalmente a corso d’Italia, abbraccia Maurizio Landini e usa parole nette contro chi sceglie di non vaccinarsi. I partiti sono alle prese con le elezioni Amministrative che premiano Pd e FI e non la Lega. Matteo Salvini, in ogni caso, decide di non strappare, nonostante frequenti siano le divergenze di opinioni tra il segretario e il capodelegazione al Governo Giancarlo Giorgetti.

 Intanto continua l’impegno dell’Italia alla guida del G20. Draghi si spende in prima persona per un summit straordinario che affronti l’emergenza umanitaria in Afghanistan dopo il ritiro del contingente internazionale e anche sul fronte della lotta al cambiamento climatico il summit di Roma di fine ottobre porta a casa alcuni importanti risultati.

 L’autunno porta con sé due sfide importanti, quella della legge di bilancio e poi la partita del Quirinale. Draghi si trova nel mezzo del tira e molla tra i partiti. Su tasse e reddito di cittadinanza le visioni sono contrastanti e anche i sindacati storcono il naso, arrivando a proclamare uno sciopero generale che vede l’adesione di Cgil e Uil. Draghi, in ogni caso, tira dritto ed è, abbastanza, chiaro anche sul suo possibile futuro. “Abbiamo creato le condizioni perché il lavoro del Governo possa continuare chiunque ci sarà” a guidarlo, dice nel corso della conferenza stampa di fine anno. “i destini personali non c’entrano – sottolinea, ma aggiunge: “io sono un nonno al servizio delle istituzioni”. Adesso, la palla sul prossimo presidente della Repubblica e – forse – sul prossimo premier, è ai partiti.

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