Montecitorio aprirà i battenti agli oltre mille grandi eletttori questo pomeriggio
Poche ore e Montecitorio aprirà i battenti ai 1.009 grandi elettori per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. L’appuntamento per il grande evento della politica è fissato per le 15 di oggi, 24 gennaio, appuntamento che sarà ricordato per le regole anti-Covid che ne scandiranno l’esecuzione.
Si partirà con i senatori a vita, il primo a varcare la porta della Camera, per diritto, dovrebbe essere Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica. E poi a seguire Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia, Liliana Segre. Poi sarà la volta degli altri senatori e, a partire dalle 16.41, toccherà ai deputati. I delegati regionali invece infileranno la scheda nell’insalatiera di vimini a partire dalle 19.42. Il tutto sarà scandito da rigorose fasce orarie e per ordine alfabetico. Non potranno votare non più di 50 parlamentari alla volta e l’emiciclo della Camera sarà consentito a non più di 200 tra senatori e deputati. Deputati, senatori e delegati regionali per esprimere in segretezza la loro preferenza non avranno a disposizione i classici catafalchi in legno con la tendina in feltro – assai poco igienizzabili – ma nuove cabine elettorali più ampie e ventilate. Riaperto il Transatlantico, occupato dalle postazioni per l’aula fino alla scorsa settimana, che avrà come costola per il rituale ‘corridoio dei passi perduti’ il cortile d’onore.
Dopo una lunga discussione è stato dato il via libera da Parlamento e Governo al voto dei positivi o a chi è in isolamento per sospetto contatto con contagiato. Sarà il drive-in allestito nel parcheggio di Montecitorio in via della Missione 8 ad accogliere i parlamentari che guarderanno da fuori questa elezione in era Covid.
Come detto i grandi elettori sono in tutto 1009 e sono così suddivisi: 630 deputati, 321 senatori (compresi i 6 senatori a vita: oltre a Giorgio Napolitano, ci sono Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubia e Liliana Segre, ndr) e 58 designati dai Consigli regionali, tre per ogni regione, tranne la Valle d’Aosta che ne conta uno. Il centrodestra può contare su 139 grandi elettori di Forza Italia (79 deputati, 52 senatori, 8 delegati regionali), 212 della Lega (133 deputati, 64 senatori e 15 delegati regionali), 64 di Fratelli d’Italia (37 deputati, 21 senatori e 6 delegati) più 2 Udc, 5 del partito di Maurizio Lupi, 32 di Coraggio Italia di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro. A questi si aggiungono tre ex forzisti Claudio Pedrazzini, Stefano Benigni e Giusi Bartolozzi. Il totale è di 457 grandi elettori. Dal centrosinistra si contano 154 del Pd (95 deputati, 39 senatori più 20 delegati regionali con il governatore della Valle d’Aosta Erik Lavevaz dell’Union Valdotaine), 234 M5S (157 deputati, 73 senatori, 4 delegati), 18 di Leu e poi ci sono i 44 di Italia Viva più 5 di +Europa-Azione, che ancora non si sa dove verteranno. In caso di pienone il centrosinistra avrà 455 tra parlamentari e delegati regionali, in caso contrario 407 con l’aggiunta di Gian Claudio Bressa senatore dem nel Gruppo delle Autonomie. Il resto del pallottoliere vira sul Misto con 96 grandi elettori.
La maggioranza per l’elezione al Quirinale
Nelle prime tre votazioni per l’elezione del capo dello Stato serve la maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento, quindi 672 voti, mentre a partire dalla quarta il quorum si abbassa a 505, espressione della maggioranza assoluta. Il calendario delle votazioni, guardando i precedenti, prevedeva due sedute al giorno, una alle 10 e una alle 16, ma per questa consultazione se ne avrà una sola. Raggiunto l’obiettivo, Roberto Fico proclamerà l’eletto e fisserà la data per il giuramento del nuovo capo dello Stato, che si svolgerà a Montecitorio davanti al Parlamento in seduta comune. Anche qui parliamo di un appuntamento segnato dalla pandemia. I grandi elettori potranno accedere in aula solo con tampone antigenico negativo e potranno stazionare nell’emiciclo solo durante il discorso del nuovo capo dello Stato.
Il nuovo Capo dello Stato
Prestato il giuramento al Paese e alla Costituzione, il presidente della Repubblica salirà al Quirinale per il passaggio delle consegne con il suo predecessore. E qui si apre la grande incognita. Qualora fosse Mario Draghi il tredicesimo presidente della Repubblica, si dovrebbe dimettere da premier e quello che in passato era un atto di cortesia – con tanto di dimissioni rifiutate dal nuovo inquilino del Colle – in questa occasione aprirebbe la crisi di governo. Immediatamente dopo sarebbe Mattarella a rimettere il mandato, per dare il posto al suo successore.
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