L'elezione più lunga e difficile nella storia della Repubblica è quella di Giovanni Leone nel 1971. Alla prima 'chiama' eletti solo Cossiga e Ciampi

Chi sarà il successore di Sergio Mattarella? E soprattutto, l’elezione in Parlamento, convocato in seduta comune, sarà lunga ed estenuante come quelle che hanno portato all’elezione di Giuseppe Saragat e Giovanni Leone o lampo come fu per Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi? Tutto dipenderà dagli accordi tra i partiti. Accordi che ancora non ci sono. A poche ore dall’avvio delle votazioni dei grandi elettori a farla da padrone sono le dichiarazioni diversificate, con nomi di papabili, che appaiono sui quotidiani per sparire il giorno dopo o, spesso, per essere ‘bruciati’. Lo stesso Matteo Renzi oggi ha sentenziato: “Avete presente il Palio di Siena? L’elezione del presidente della Repubblica è come il Palio di Siena, tatticismo per ore e poi si risolve tutto in pochi minuti. Al momento è tutta tattica, credo che sapremo qualcosa in più martedì”.

Per ora, dunque, si guarda ai precedenti e nella storia della Repubblica solo in due salgono sul podio dei presidenti eletti alla prima votazione: Cossiga e Ciampi. Il presidente ‘picconatore’, nel 1985, raccoglie il 75,4% delle preferenze (752 voti su 997) grazie all’accordo trovato, tra i corridoi del Parlamento, tra Dc e Pci. La candidatura di Ciampi, invece, viene avanza nel 1999 da un vasto schieramento parlamentare e in particolare dall’allora presidente del Consiglio, Massimo D’Alema. Walter Veltroni si occupa delle trattative, ottenendo il benestare dell’opposizione di centro-destra, anche se Ciampi, che non è iscritto ad alcun partito, è molto vicino all’Ulivo. L’ex governatore della Banca d’Italia viene proclamato quindi decimo presidente della Repubblica con il 71,4% delle preferenze (707 voti su 990).

L’elezione più lunga e difficile nella storia della Repubblica è invece quella di Giovanni Leone nel 1971. Ben 23 scrutini che prolungarono i lavori parlamentari per quasi 25 giorni. Per Leone determinanti i voti del Movimento sociale italiano. Nei primi scrutini, il candidato ufficiale della Dc è il presidente del Senato, Amintore Fanfani, che si ritira a causa dell’azione dei cosiddetti ‘franchi tiratori’ del suo stesso partito, lasciando il passo a Leone. Il giurista napoletano detiene anche un altro primato negativo: è stato il presidente che ottenne il minor numero di consensi: 52% (518 voti su 995).

Anche per il socialista Giuseppe Saragat ci sono volute 21 votazioni. Saragat raggiunge tuttavia il 68,9% dei consensi (646 voti su 937). Il capo dello Stato che ottiene invece più voti è Sandro Pertini, con l’83 ,6% delle preferenze, ossia 832 voti su 995, anche se allo scrutinio numero 16. L’elezione di Giorgio Napolitano è stata invece breve: 4 scrutini in tutto, anche se la soglia dei consensi fu bassa: 54,8 preferenze (543 voti su 990). Per il suo secondo mandato Napolitano raccoglie 738, conquistando un altro primato quello del presidente che ancora in carica viene rieletto. Un bis storico arrivato dopo giorni di impasse a Montecitorio, dove l’assemblea non riesce a raccordarsi prima sul nome di Franco Marini, partorito dall’accordo tra Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, e poi su quello di Romano Prodi, nome che aveva mandato in frantumi quell’accordo trasversale tra Pd e Pdl.

Anche per portare Mattarella al Colle si sono voluti quattro scrutini, con l’effetto sorpresa servito da Matteo Renzi che, in quella occasione, giocò una partita a poker impeccabile. Nel 2015 Renzi, segretario del Pd, l’ex premier propone il nome dell’allora giudice costituzionale a poche ore dall’apertura della quarta votazione del Parlamento in seduta comune, quando il quorum si era abbassato superando quindi la maggioranza qualificata dei due terzi degli aventi diritto. Mattarella viene eletto con 665 sì, 160 in più rispetto alla maggioranza assoluta del plenum, pari a 505. La sua elezioni provoca l’ira del Cav e la rottura del patto del Nazareno, con numerosi strascichi sull’esito del voto. Molti i sospetti su non pochi parlamentari azzurri che, nel segreto dell’urna, hanno contraddetto le indicazioni di Berlusconi. Piccola curiosità, la presidente della Camera, Laura Boldrini, il 15 gennaio 2015 aveva al suo fianco la vicepresidente vicaria del Senato della Repubblica, Valeria Fedeli (in sostituzione del titolare di palazzo Madama, Pietro Grasso, presidente supplente della Repubblica dopo le dimissioni di Napolitano). Per la prima volta nella storia repubblicana lo scranno presidenziale è stato presieduto da due donne nelle qualità rispettive di presidente della Camera e vicepresidente del Senato.

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