Settimana caldissima quella che si prannuncia dentro e fuori i Palazzi
Settimana caldissima quella che si prannuncia dentro e fuori i Palazzi. I partiti vivono ancora gli effetti del post Quirinale, con il M5S che resta ‘stordito’ dalla sentenza del Tribunale di Napoli, il centrodestra alla ricerca di un modo per ‘ricucire’ l’alleanza in vista delle prossime amministrative e il Pd che vorrebbe ‘monetizzare’ la partita vinta con il bis di Mattarella. Troppi, tuttavia, i temi che rischiano di essere divisivi, con il rischio di un contraccolpo nella compagine di governo guidata dal premier Mario Draghi.
E se la Giustizia è notoriamente un campo di battaglia politica, il rincaro delle bollette dell’energia, è diventato un tema di ‘già’ campagna elettorale. Salvini – tornato negativo al Covid, dopo 10 giorni di isolamento – non molla la presa e chiede con forza un intervento certo questa settimana “con almeno 5 miliardi, per aiutare famiglie, commercianti, artigiani e piccoli imprenditori a superare gli incredibili aumenti dell’energia” e “l’aumento della produzione, l’estrazione e l’importazione di gas è altresì un dovere non più rinviabile in nome di No ideologici. L’Italia prima di tutto”.
A fargli eco Luigi Di Maio, che spinge sull’acceleratore: “Nel prossimo Consiglio dei Ministri, è necessario affrontare concretamente il tema”. Il provvedimento è stato annunciato da Draghi durante la sua visita a Genova e confermato nella conferenza stampa di venerdì scorso con il ministro Daniele Franco. L’ipotesi è che nella riunione del Consiglio dei ministri di giovedì o venerdì, oltre allo stanziamento delle risorse (che dovrebbero essere tra i 5 e i 7 miliardi) potrebbero essere sbloccati dei punti di estrazione del gas, già esistenti o aumentare la produzione in quelli già al lavoro. L’obiettivo è insomma quello di rendere il Paese più autosufficiente sul fronte energia, soprattutto in una situazione di emergenza aggravata anche dalla crisi Ucraina.
Secondo quanto riferiscono fonti vicine al dossier, tecnici dei ministeri stanno studiando diversi soluzioni e si conta di arrivare in Cdm con una mappatura pronta per avviare o aumentare le estrazioni nel nostro territorio nazionale. Nel caso in cui, viene spiegato, questo non fosse possibile nella riunione di giovedì è già in cantiere un provvedimento ad hoc da approvare nelle prossime settimane. Diverso invece il discorso sulle rinnovabili. Allo studio – coordinato dai ministri Franco, Cingolani e i tecnici di Mef e Mite – anche soluzioni per dare maggior impulso a questo tipo di energia facilitando uffici e scuole nell’istallazione di pannelli solari, che difficilmente potrebbe entrare nel prossimo decreto.
Sono ancora forti e vibranti, in casa 5Stelle, invece le parole pronunciate dal presidente del Consiglio e dal ministro Franco, sul Superbonus, tanto che oggi è intervenuto Stefano Patuanelli, titolare dell’Agricoltura e capo delegazione M5S: “Triste, molto triste che per colpire il Movimento si attacchi il mondo dell’impresa, nonostante i dati dell’Agenzia delle entrate dicano chiaramente che il Superbonus è la misura con meno frodi”, die laconico. Patuanelli, evidentemente, ha come obiettivo il collega leghista Giancarlo Giorgetti, che dalle pagine del Corriere della Sera, non è stato tenero con la misura fortemente voluta dalla galassia grillina. “Stiamo mettendo un sacco di soldi sull’edilizia che, per carità, può aver avuto senso sostenere nella fase più dura della pandemia e di certo contribuisce chiaramente alla crescita. Ma ora droghiamo un settore in cui l’offerta di imprese e manodopera è limitata. Stiamo facendo salire i prezzi e contribuiamo all’inflazione”, sentenzia il titolare al Mise.
Altro dossier incadescente quello della Riforma del Consiglio superiore della magistratura. Martedì il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, sarà in commissione alla Camera e mercoledì partirà l’esame del testo con una pioggia di subemendamenti già annunciati dai gruppi parlamentari. Pronta a modifiche Forza Italia, che insiste sul sistema elettorale basato sul sorteggio, della stessa idea la leghista Giulia Bongiorno, che reputa la proposta del governo non incisiva: “Tra vecchio e nuovo sistema, non cambia davvero nulla. Non si incide sulla presa delle correnti. Che si stanno già organizzando”. La Lega si schiera con gli alleati, in attesa del pronunciamento della Consulta sui referendum sulla Giustizia. In caso di ok della Corte, che dovrebbe esprimersi il 15 febbraio, via Bellerio spera di pesare di più sul tavolo delle trattative. I tempi stringono e il braccio di ferro tra partiti e governo, potrebbero rallentare l’iter di approvazione della riforma, mettendo a rischio, però, le elezioni di luglio del Csm.
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