Il premier ai leader di partito: "Sempre offerto la massima disponibilità al dialogo ma teniamo dritta la barra del timone"
“Avete visto che bravi ministri che ho? E’ un bellissimo Governo”. Mario Draghi ha appena presentato alla stampa il decreto bollette e sa già che sotto la lente d’ingrandimento dei cronisti finirà la ‘sfuriata’ – con tanto di aut aut – fatta ai capi delegazione giovedì sera, a palazzo Chigi. Così prova, non senza ironia, a giocare d’anticipo. Daniele Franco, Roberto Cingolani e Giancarlo Giorgetti hanno spiegato con dovizia di particolari i dossier di competenza, e il premier – quasi come fosse un allenatore la cui panchina rischia di iniziare a traballare, magari proprio per volontà del diretto interessato – sposta l’attenzione via da sé e mette in luce i suoi uomini. Il presidente del Consiglio, in ogni caso, si colloca saldamente al timone dell’esecutivo: “Ci sono delle diversità di opinioni – ammette – e quello che ho fatto ieri è ricordare il mandato di questo governo, creato dal Presidente della Repubblica per affrontare certe emergenze e conseguire certi risultati. Io sono certo, sicuro, che li conseguiremo”, azzarda.
E allorà sì, in agenda Draghi ha già messo alcuni incontri con i leader di partito (ma “li vedo regolarmente – ricorda – non devo fare uno sforzo particolare”) e si dice pronto a ‘cambiare metodo’, così come richiesto dalle forze politiche che vogliono un maggior coinvolgimento per quel che riguarda l’azione e i provvedimenti del Governo: “Confrontarsi e rispettarsi è molto importante e su questo non c’è mai stato nessun dubbio né da parte del governo né da parte mia. Tutto quello che è necessario e desiderabile per l’approvazione dei provvedimenti necessari e degli obiettivi del Pnrr, il governo e io stesso lo faremo”, scandisce.
L’ex numero uno Bce, però, ha chiara la direzione di marcia: “Noi abbiamo sempre offerto la massima disponibilità al dialogo ma teniamo dritta la barra del timone”, è il messaggio, forte, trasmesso alle segreterie dei partiti. La convinzione di fondo, insomma, non cambia.
Per superare i prossimi scogli serve una responsabilità politica di cui le forze di maggioranza devono farsi carico non solo tra le mura di palazzo Chigi ma anche – e soprattutto – in Parlamento. Draghi ha chiari i prossimi impegni: “Delega fiscale, concorrenza e codice appalti: è questo il blocco principale dei provvedimenti”, da avviare.
E proprio sulla riforma del fisco, bloccata in commissione alla Camera, il premier dice la sua: “E’ stata approvata all’unanimità ora è difficile cambiarla”, dice tranchant.
Anche Giorgetti viene chiamato in causa, dal momento che in più di un’occasione è stata la Lega a dire sì in Cdm e poi sollevare distinguo e brandire modifiche. “L’importante è che il Parlamento migliori le proposte del governo e non le peggiori”, si limita a dire il titolare del Mise che poi, interrogato sulle critiche arrivate da Matteo Salvini ai provvedimenti del Governo come, da ultimo, sui balneari, risponde: “La politica è l’arte di rendere possibile ciò che è desiderabile, il mio segretario esprime un desiderio, io cerco di renderlo possibile nell’azione di governo”.
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