L'affondo della Spd mentre Letta è a Berlino: "Lei post-fascista"
A sei giorni dal voto arriva un endorsment europeo a Enrico Letta. “Sarebbe davvero un segnale importante se domenica” in Italia “vincesse il nostro ‘partito fratello’, e non i post-fascisti di Meloni che porterebbero l’Italia sulla strada sbagliata”, dice senza mezzi termini il presidente della Spd tedesca, Lars Klingbeil, dopo aver incontrato il dem a Berlino. “Sono elezioni che hanno un grande significato ben oltre l’Italia”, sottolinea il leader socialdemocratico, che poi ammette: “La preoccupazione c’è, ma per esperienza personale dico che una corsa elettorale anche negli ultimi metri possono succedere tante cose”.
E se la leader FdI non apprezza (“quello che fa oggi Enrico Letta è andare a trovare i tedeschi e farsi dire: sarebbe bene che vincesse Letta e non Meloni. Io il consenso lo chiedo agli italiani“, dice tranchant), Letta ringrazia e rappresenta agli alleati il ‘referendum’ che si gioca il 25 settembre. “Il voto italiano riguarda l’Europa e inciderà sul futuro dell’Ue. Ci sono due opzioni diverse, la nostra, quella di chi vuole stare al cuore dell’Europa, a Bruxelles, Berlino, Parigi e Madrid e poi c’è la proposta di destra che ha come interlocutori principali il Governo ungherese e polacco, verso un tipo di destino che a noi non piace”, sentenzia Letta.
Se prevalesse la linea Meloni-Salvini, è il ragionamento del leader dem, l’Italia diventerebbe la prossima Ungheria, con la differenza che Budapest non è all’interno dell’eurozona. Essere fuori dall’Europa che conta significa rischiare di perdere non solo i finanziamenti a fondo perduto, ma anche i finanziamenti già stanziati e lo scudo della Bce. “La politica estera di allontanamento dall’Ue di Meloni e Salvini la pagherebbero i cittadini, in termini di riduzione dei servizi, blocco delle infrastrutture, stop all’assistenza post Covid – ragionano al Nazareno – sarebbe una stagione di tagli modello 2011, con Berlusconi, Meloni e Tremonti, ma a livelli ancora più grandi perché siamo nel mezzo di una guerra e nella più grande crisi energetica degli ultimi decenni”. Anche sullo scacchiere internazionale, insomma, la partita conta parecchio: “Se domenica prossima vincessimo noi, le democrazie sarebbero felici. Se domenica prossima vincesse la destra, il primo a essere contento sarebbe Putin”, insiste Letta.
Il segretario dem si dice convinto che dalle urne “uscirà una maggioranza chiara” e crede nella rimonta. La missione lampo a Berlino serve anche a Letta per marcare la differenza rispetto agli avversari sul fronte energia. “La nostra economia rischia di essere messa in ginocchio. Abbiamo bisogno di soluzioni europee perché solo soluzioni comuni possono farci uscire da questa realtà drammatica”, è la convinzione di Letta che con Scholz prospetta il rischio che siano le società europee alla fine a pagare “il ricatto di Putin”. L’Spd è uno dei principali alleati del Pd in Europa e il segretario insiste per trovare un accordo comunitario. Il sì al price cap, così come quello al disaccoppiamento del prezzo del gas da quello delle altre energie, l’ex premier ne è più che consapevole, passa per il nulla osta della cancelleria tedesca. “Dopo questa visita a Berlino torno a Roma molto più ottimista”, confida Letta che crede nel raggiungimento di passi avanti importanti già in occasione del Consiglio Ue del 30 settembre, specie sul fronte del decoupling.
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