Meloni vede il discorso del Cremlino come "segnale di debolezza". I dem attaccano: non votate "gli amici di Putin"

Un segno di “debolezza”. Il tentativo di lanciare “un ricatto” all’Occidente, a cui non si deve cedere. Le parole di Vladimir Putin scuotono la campagna elettorale italiana e provocano la reazione dei leader dei partiti, che respingono – ed esorcizzano – gli annunci del presidente russo, nonché le minacce sull’uso di armi nucleari.Il discorso dello ‘zar’, comunque, non placa le asprezze del dibattito politico. Se infatti secondo la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni “dimostra da parte della Russia una grandissima difficoltà in Ucraina, è un discorso che tradisce debolezza”, per il segretario del Pd Enrico Letta “l’Italia non deve minimamente cedere ai ricatti della Russia di Putin” e “non deve essere ambigua”, mentre “la destra in Italia è carica di ambiguità“, sottolinea il leader dem, auspicando che “gli italiani non votino per gli amici di Putin”, che “partecipa al voto 25 settembre e sarà il primo a guardare il risultato. Se vincesse la destra in Italia, sarebbe il primo a festeggiare”. Anche il leader del ‘terzo polo’, Carlo Calenda, parla di “un segnale di grandissima debolezza”, ma sostiene che “noi non dobbiamo sostenere una escalation in nessun modo e dobbiamo continuare a tenere i nervi saldi”.

Più o meno sulla stessa linea il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: la dichiarazione del presidente russo “è sicuramente preoccupante” ma “rappresentano un grande segnale di debolezza”, secondo il leader di Impegno civico che torna a proporre una commissione di inchiesta parlamentare, per “accertare se c’è un pezzo della politica italiana che flirta con Putin”, e vede “ombre” su Salvini e Conte. Il leader della Lega si limita a ribadire che “la guerra cambia la prospettiva. Tutti, fino allo scoppio della guerra, da Prodi a Berlusconi, a Renzi, a Letta, tutti ragionavano, collaboravano, commerciavano con la Russia. Poi quando aggredisci un popolo, quando scateni una guerra, e’ chiaro che la prospettiva cambia”.

 

Da Giuseppe Conte arriva invece una lettura diversa che, pur condannando l’aggressione russa, rilancia la linea espressa negli ultimi mesi: “Nel discorso di Putin non c’è nulla di nuovo se non il rischio di un’escalation militare che era già scritta, con tutti i rischi che comporta. Questa cosa non potevamo non calcolarla”, afferma a caldo il leader del M5S, paventando poi il pericolo di “una guerra senza confini e fuori dal controllo”, nonché il ricorso ad armi nucleari. “Nell’ambito di un’alleanza euroatlantica vogliamo farci portatori di una linea che imponga una svolta con un negoziato di pace”, ribadisce Conte, secondo cui “Zelensky sta accettando una logica di escalation militare” e Letta e Draghi hanno offerto “cieca obbedienza alla linea di Washington e di Londra”, mentre l’Europa dovrebbe “costruire un processo di pace faticosissimo, che intravedo come unica via d’uscita”. 

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