L’Aula della Camera ha dato il via libera finale al disegno di legge di conversione del decreto Lavoro con 154 sì, 82 no e 12 astenuti. Sul provvedimento con “misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” l’Assemblea ha confermato martedì la fiducia al governo. Il testo è già stato approvato dal Senato, diventerà legge.
“Il M5S ha votato convintamente ‘no’ a questo decreto, che il Governo ha avuto l’ardire di definire ‘Lavoro’ ma che va chiamato con il suo nome: ‘Precariato’ e ‘Sfruttamento’. Un provvedimento che riporta il nostro Paese indietro di anni tanto in tema di protezione sociale, con un ‘Assegno di esclusione’ che dimezzerà la platea degli individui in povertà protetti da una rete di protezione sociale, quanto di contratti a termine e voucher, riproponendo ricette indigeste che hanno già dimostrato di non funzionare. Un decreto che alla Camera, per giunta, non abbiamo avuto né tempo né modo di analizzare: in commissione, difatti, non è stato discusso né votato un solo emendamento. È questo il ‘patriottismo’ di cui parla la presidente Meloni? A noi sembra più un accanimento contro i più fragili, che non ha davvero nulla di patriottico. Continueremo a contrastare un Governo che vuole mettere gli ultimi contro i penultimi arrecando un danno all’Italia”. Così in una nota i deputati del M5S in commissione Lavoro Valentina Barzotti (capogruppo), Davide Aiello, Dario Carotenuto e Riccardo Tucci.
“Il decreto Lavoro del governo Meloni è un concentrato di cinismo sociale, un incoraggiamento all’espansione del nero, una spintarella all’evasione contributiva, un colpo secco al sindacato, un manifesto carico di arroganza nei confronti della parte più debole della società. Nei fatti alimenta la precarietà, non la combatte. Introduce la liberalizzazione totale dei contratti a termine e allarga la sfera dei voucher. Dunque legalizza lo sfruttamento e lo schiavismo in alcuni settori come l’agricoltura“. Così Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro, intervenendo in Aula per la dichiarazione di voto sul decreto Lavoro.
“Interviene poi sul reddito cittadinanza tagliando il sussidio per oltre 400.000 nuclei familiari e restringendo ulteriormente la possibilità di accesso all’assegno di inclusione – ha detto -. Ci troviamo di fronte ad una manovra politica chiara che ha l’obiettivo di colpire il lavoro, indebolirlo nella sua dignità e nella sua capacità di contrattazione e affossare i poveri che sono i veri colpevoli per questa destra della mancata crescita del Paese”.
“Vi siete presentati come quelli che non vogliono disturbare “chi vuole fare”. L’avete spacciata come libertà e invece si trattava di una semplice licenza di arbitrio – ha aggiunto -. Restano invece scolpite nella nostra memoria le parole di un grande leader politico, Enrico Berlinguer: ‘Noi vogliamo una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane’. Per queste ragioni il nostro no è forte e convinto. Perché lavoro e libertà non possono mai essere separati”, ha concluso.
“Oggi convertiamo in legge il decreto Lavoro e segniamo una ulteriore spunta sulle cose fatte dal Governo Meloni nel pieno rispetto del programma elettorale. Il superamento del Reddito di Cittadinanza, la nascita di nuove politiche attive del lavoro, così come l’istituzione di uno strumento realmente capace di raggiungere chi versa in condizioni di disagio sociale, erano degli obiettivi che ci eravamo imposti. Esattamente come il taglio del cuneo fiscale che, sebbene rappresenti un obiettivo di mandato, ha già iniziato a diventare realtà con la nostra prima Manovra e con questo Decreto; un intervento fondamentale per combattere anche gli effetti dell’inflazione”: così in una nota Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e deputata di FdI.
“Abbiamo onorato l’impegno assunto in campagna elettorale – afferma – riformando il Reddito di Cittadinanza, uno strumento che non funzionava, né come politica attiva del lavoro né come aiuto a coloro che sono veramente a rischio emarginazione sociale. Proprio per questo siamo intervenuti in modo sostanziale prevedendo per le persone in stato di povertà sia l’Assegno di inclusione, destinato ai nuclei che hanno in carico persone fragili che un Supporto alla formazione e al lavoro per le persone in età tra i 18 e i 59 anni da accompagnare verso il lavoro, mediante anche il pieno coinvolgimento di pubblico, privato e terzo settore. L’Italia riparte dal lavoro e dalla piena inclusione, elemento fondante dello Stato e principio cardine della nostra Costituzione, e si lascia alle spalle l’improduttivo assistenzialismo che non ha fatto bene a nessuno”, conclude Bellucci.