Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha firmato oggi un disegno di legge per riformare la Costituzione prevedendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Nell’articolo 2 si legge: “Il Presidente del Consiglio dei ministri è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alle elezioni delle Camere. Il Presidente del Consiglio dei ministri nomina o revoca i ministri“. Il primo articolo del provvedimento, poi, prevede che, in caso di dimissioni, morte o impedimento permanente del premier, il Capo dello Stato disponga lo scioglimento anticipato delle Camere.
Cambia anche il meccanismo della fiducia, al fine di adeguarlo al nuovo modello istituzionale. Il rapporto di fiducia, in forza dell’elezione diretta e della contestuale elezione delle Camere, si intende instaurato implicitamente. Il Governo, però, si presenta comunque alle Camere per presentare il proprio programma. Possibile però che il rapporto di fiducia venga meno. Nel testo si prevede espressamente che l’approvazione della mozione di sfiducia comporti per il Presidente del Consiglio l’obbligo di rassegnare le dimissioni e che qualora il Governo ponesse la questione di fiducia e ottenesse su di essa un voto contrario, questo potrà chiedere, dal giorno successivo, una seconda deliberazione per verificare che il rapporto di fiducia si sia effettivamente interrotto, obbligando – nel caso – il Presidente del Consiglio alle dimissioni. Eventualità che conducono, entrambe e in forza delle modifiche previste dall’articolo 1 del disegno di legge, allo scioglimento anticipato delle Camere. “La delicatezza delle ipotesi ed esigenze di stabilità impongono l’applicazione alla questione di fiducia di accorgimenti di natura analoga a quelli previsti per la mozione di sfiducia, che come noto non può essere discussa prima di tre giorni dalla sua presentazione e deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della camera”, si legge nella relazione illustrativa.
L’articolo 4 definisce il ruolo del premier: “Il Presidente del Consiglio dei ministri è l’organo di vertice del Governo, ne dirige la politica e ne è responsabile. Mantiene l’unità politica ed amministrativa, indirizzando e coordinando l’attività dei ministri”. L’articolo 5, infine, prevede l’applicazione del nuovo modello istituzionale a partire dalla prossima legislatura. “Troppe volte l’Italia è rimasta bloccata dai litigi quotidiani dei partiti e dall’instabilità dei governi – si legge nella presentazione del testo – La distanza tra gli impegni pre-elettorali di non fare accordi con nessuno e la realtà del giorno dopo è diventata insopportabile e rischia di minare non solo la credibilità delle istituzioni ma soprattutto la fiducia delle persone verso la politica. La litigiosità delle forze politiche si è tradotta nel rapido susseguirsi di governi con le maggioranze più disparate, spesso costantemente in bilico tra lo scioglimento anticipato delle Camere e l’apertura di una crisi di governo, con tutti i pregiudizi che questa comporta per il Paese, da un punto di vista economico prima ancora che politico”. “L’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta un passaggio obbligato per il nostro Paese, indispensabile per tornare a crescere, prosperare e mettere al centro gli interessi della nostra comunità – si legge ancora – Una riforma obbligata, dunque, che dovrà necessariamente completarsi con una legge elettorale che assicuri il perseguimento dell’obiettivo della stabilità di Governo, ma che ragioni di natura sistematica e istituzionale escludono di elevare, qui, a rango costituzionale, rimettendone la definizione al legislatore ordinario”.
Una proposta che però non incontra il parere favorevole di Azione e del suo leader, Carlo Calenda, che ha dichiarato: “Noi siamo per il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, ma non per la sua elezione diretta. E non siamo a favore dell’elezione diretta per due motivi: uno che se il premier è incapace te lo devi tenere o devi andare a votare e due perché con un presidente del Consiglio eletto dal popolo, il presidente della Repubblica che non è eletto dal popolo è totalmente depotenziato“.