Il ministro dell'Economia al meeting di Rimini: "Non c'è nessuna riforma previdenziale che tiene con i numeri della natalità che vediamo in Italia"
Al meeting di Rimini, la consueta kermesse di Cl, è tempo di previsioni d’autunno. A farle è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che sulla manovra usa i toni del realismo: “Non si potrà fare tutto“. E sulle pensioni il titolare del Mef non vede spazi per una riforma con gli attuali tassi di natalità. Insomma, in vista della prossima legge di bilancio – e non solo – c’è cautela. “Il tema della natalità”, che Giorgetti ripropone, davanti alla platea del meeting targato Cl, “è fondamentale. Non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che vediamo in questo paese”.
Nelle ultime propaggini di un’estate meteorologicamente rovente, il titolare del ministero dell’Economia guarda alla ripresa d’autunno. “Come governo ci approcciamo a una legge di bilancio, che sarà una legge di bilancio complicata – spiega Giorgetti – Tutte le leggi di bilancio sono complicate, anche quelle dell’anno scorso lo erano. Siamo chiamati, poiché facciamo politica, a decidere delle priorità. Non si potrà fare tutto. Si metterà un ordine di priorità agli interventi. Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi, come abbiamo fatto con la decontribuzione, perché l’inflazione riduce enormemente il potere di acquisto” ma “dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita e premiare chi lavora”.
Il nodo risorse è quello che vede un Governo in cerca di fondi per salvare la legge di bilancio e la misura dei ‘100 euro’. Occorrono 12 miliardi per intervenire sul cuneo. A inizio 2024 si perderà un terzo dello sgravio e il programma è recuperare soldi attraverso la delega fiscale. In realtà trovarli per mantenere il taglio del cuneo fiscale non è facile. A gennaio 2024 potrebbe esserci uno scalino che farà passare da 92 euro netti a 66 euro la quota in busta paga di chi ne beneficerà. Con la delega fiscale si prova poi a ‘collegare’ il taglio del cuneo con il passaggio da quattro a tre aliquote dell’imposta sui redditi.
Per il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, confermare il taglio del cuneo fiscale costa 11,4 miliardi di euro più altri 315 milioni di trascinamento all’anno successivo. Al netto delle tasse, pari a 3,2 miliardi, siamo a un costo netto della misura di 8,5 miliardi. Nel primo semestre il taglio del cuneo era di 3 punti per redditi fino a 25mila euro e 2 punti fino ai 35mila euro. Nel secondo, da luglio a dicembre, il taglio è salito del 4% e a 7 e 6 punti. Se il governo guidato da Giorgia Meloni volesse rendere strutturale questi 6-7 punti, che danno i “100 euro” in più, la spesa sarebbe di 15 miliardi lordi. Ma se si tagliano contributi, aumenta il reddito imponibile sui cui i lavoratori pagano le tasse. Per evitare che l’Irpef riduca di un altro terzo del beneficio, ci sono da compensare quei 3,2 miliardi di maggiore Irpef che ora entrano nelle casse del Fisco. I ragionamenti intanto sono su una manovra che si dice sarà da 25-30 miliardi. Ma ci si vedrà più chiaro con la Nota di aggiornamento al Def, la Nadef, in arrivo nel mese di settembre.Realismo oggi anche sul piano nazionale di ripresa e resilienza. “Per quanto riguarda il Pnrr abbiamo queste risorse, che solo parzialmente sono gratis”, che “non possono essere sprecate” e “devono essere usate nel modo migliore possibile. Non c’è semplicemente, e qui mi permetto di dirlo, assumendomi la responsabilità, il fare in fretta ma il fare bene oltre che fare in fretta“, è stato il monito di Giorgetti da Rimini.
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