Il sindaco: "Manifestanti aizzati da Santanchè, vergogna averla come ministra"
Contestazioni contro il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, in occasione della manifestazione in supporto di Israele organizzata dalla comunità ebraica meneghina. La piazza ha fischiato il nome del primo cittadino, assente dal presidio, per aver esposto la bandiera della pace insieme a quella di Israele a Palazzo Marino. “Mi ha chiesto se poteva venire a parlare. Gli ho detto di sì, ma che se non avesse rivisto le sue posizioni probabilmente avrebbe ricevuto gli stessi fischi ricevuti da Macron sotto la Torre Eiffel qualche giorno fa. Sia chiaro che io gli avevo detto che avrebbe potuto parlare come tutti i politici presenti. Ha cambiato idea e non è venuto“, ha detto dal palco Emanuel Segre Amar, presidente dell’associazione Gruppo sionistico Piemontese.
Santanchè: “Nessuna ambiguità, bisogna stare con Israele”
“Oggi la bandiera della pace è solo quella di Israele. Sala si deve vergognare“, ha detto la ministra del Turismo Daniela Santanchè, presente alla manifestazione. “Faccio appello a tutta la politica, oggi non ci possono essere ambiguità, bisogna stare con Israele senza se e senza ma. Vi porto la voce di tutto il governo, della presidente Meloni, che non ha mai avuto dubbi su che parte stare”.
Sala: “Manifestanti aizzati da Santanchè, vergogna averla come ministra”
“Stasera la ministra Santanchè ha aizzato i manifestanti al presidio pro Israele dicendo che ‘Sala si deve vergognare di mettere la bandiera della pace vicino a quella di Israele. Oggi la bandiera della pace è una sola, quella di Israele’. A parte che in questi giorni ho più volte sottolineato la mia vicinanza alla comunità ebraica, vorrei sommessamente far notare alla ministra che la decisione di esporre le due bandiere è stata presa dal Consiglio Comunale con il voto a favore anche dei consiglieri del suo partito! C’è una sola cosa di cui dobbiamo vergognarci noi tutti: che il nostro Paese abbia una ministra come la Santanchè“, ha replicato Sala a Santanchè su Facebook.
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