Oggi primo round di audizioni sulla finanziaria di fronte alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato
Dalle banche, ai costruttori, fino ai sindacati, sono diversi i dubbi sollevati su molti dei provvedimenti contenuti in manovra nel corso del primo round di audizioni sulla finanziaria di fronte alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato. Il primo tra i moniti rivolti all’esecutivo arriva dai banchieri: è essenziale mettere “un tetto al debito pubblico italiano, che non può crescere all’infinito” penalizzando la competitività delle imprese, ribadisce infatti il direttore generale di Abi, Giovanni Sabatini. Avere sotto controllo i conti non significa però stare fermi. Al contrario, bisogna agire e anche in fretta, a partire dalle misure nella delega fiscale che vanno “attivate fin da subito” per dare una “spinta” alla ripresa. Contemporaneamente, vanno resi strutturali una serie di provvedimenti funzionali ad un risveglio della crescita, come la proroga per agevolare gli under 36 nell’acquisto della prima casa “consentendo a banche e famiglie di avere certezza sulle regole e programmare soluzioni di finanziamento appropriate”.
Rilanciare il Pil è necessario e tassare le imprese non è la strada giusta. Senza agire sulla crescita infatti sarà impossibile, nella prossima manovra, garantire alle famiglie anche solo le stesse – poche – risorse di quest’anno, avverte la presidente di Ance, Federica Brancaccio. Eppure, in Bilancio c’è un aumento della tassazione sugli immobili “ingiustificatamente punitivo”, sostiene Ance calcolando un prelievo fiscale sulla casa in crescita per circa 1,9 miliardi di euro nei prossimi tre anni, che incide sull’equilibrio finanziario delle imprese di recupero e di riqualificazione degli edifici. Sul Superbonus, fermo restando che è un “capitolo da chiudere”, i costruttori continuano a segnalare la necessità, in vista della scadenza al 31 dicembre 2023, di una proroga per concludere i lavori già avviati, scongiurando “la corsa forsennata” che mette a rischio la sicurezza dei lavoratori e la qualità degli interventi eseguiti. Anche sul tema delle infrastrutture restano parecchie perplessità: i finanziamenti in manovra, nel triennio, sono destinati per tre quarti al Ponte sullo Stretto (quota che raggiunge l’87% dei fondi stanziati se si considera la totalità degli stanziamenti pluriennali previsti fino al 2038). Allo stesso tempo però mancano ancora le risorse per il Piano di la riduzione di rischio idrogeologico, segnala l’Ance.
I sindacati invece sono divisi. Cgil e Uil ribadiscono la bocciatura tout court, denunciando la sostanziale incapacità dell’esecutivo di rispondere alle emergenze nazionali. Anzi, proprio il lavoro è il “grande assente di questa manovra”: non c’è niente sui salari, sulla precarietà, sulla sicurezza, sulla sanità pubblica. “Non ha respiro sociale”, chiosa la Uil, mentre la Cgil afferma: “Questo governo ammette di non avere una politica in grado di incidere sulla realtà. Meno dure Cisl e Ugl che, a fronte di una serie di elementi positivi tra cui soprattutto il taglio del cuneo, segnalano però pesanti criticità sulle pensioni, invocando una sostanziale marcia indietro sui nuovi paletti di Quota 103, Ape Sociale e Opzione donna e lo stralcio – da parte della Cisl – del taglio sulle pensioni future dei dipendenti pubblici.
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