Come annunciato martedì, la Lega ripresenta in Aula al Senato l’emendamento al dl Elezioni, già bocciato in commissione, sul terzo mandato. Il testo propone di modificare le norme che regolano l’ineleggibilità, consentendo tre mandati consecutivi per i presidenti di Regioni “con riferimento ai mandati successivi alle elezioni effettuate dopo la data di entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione”. L’emendamento è firmato dai senatori leghisti Tosato, Bizzotto, Stefani, Pirovano, Spelgatti. Il decreto sarà all’esame dell’Aula del Senato nel pomeriggio di oggi, mercoledì 13 marzo.
“Noi speravamo che l’emendamento sul terzo mandato non finisse in Aula. Cercare o creare spaccature su temi che non sono nell’agenda nel centrodestra spiace. Ma non è niente di così grave. Un minuto dopo, chiusa la votazione, torneremo ad occuparci delle cose che interessano agli italiani, le riforme piuttosto che il destino di qualche governatore”. Ha commentato così l’emendamento il senatore di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon, vicecapogruppo a Palazzo Madama, parlando con LaPresse. Riguardo al futuro esito della votazione, “credo che non si discosterà molto da quello che c’era stato in commissione“, dove l’emendamento è stato bocciato. “C’è anche la piena comprensione delle ragioni della Lega, che sono più che legittime. Poi il parlamento è sovrano“, conclude.
Il relatore del Dl Elezioni, senatore Alberto Balboni (FdI), ha dato dunque parere contrario all’emendamento della Lega sul terzo mandato nel corso della discussione in Aula al Senato. Il governo, attraverso la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro, si è rimesso all’Aula.
L’Aula del Senato ha bocciato, con 112 voti contrari, 26 voti favorevoli e 3 astenuti, l’emendamento della Lega al Dl Elezioni sul terzo mandato per i governatori, che era stato già bocciato in commissione e riproposto nel testo approdato oggi in Aula. Bocciato, nella stessa votazione, anche l’emendamento di Italia Viva sostanzialmente simile a quello leghista.
Il Carroccio ha depositato al Senato anche un emendamento sull’elezione dei sindaci nei Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti, prevedendo che il ballottaggio scatti solo se una coalizione non raggiunge al primo turno almeno il 40% dei voti. Chiede di sostituire il comma 4 dell’articolo 72 del testo unico sugli enti locali (“è proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi“), prevedendo che è proclamato “eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi, a condizione che abbia conseguito almeno il 40 per cento dei voti validi. Qualora due candidati abbiano entrambi conseguito un risultato pari o superiore al 40 per cento dei voti validi, è proclamato eletto sindaco il candidato che abbia conseguito il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato con la lista o con il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano di età”.
“La Lega si fermi, il blitz sulla cancellazione dei ballottaggi a tre mesi dal voto è uno sfregio alle più basilari regole democratiche”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein sulla norma in tema di ballottaggi.
Anche l’Anci, associazione di rappresentanza dei comuni italiani, si oppone all’emendamento della Lega che elimina i ballottaggi. “Abbiamo appreso che in sede di discussione sulla conversione in legge del decreto Elezioni è stato presentato un emendamento che, se approvato, cancellerebbe i ballottaggi per l’elezione dei sindaci nei comuni sopra i 15mila abitanti in caso di raggiungimento di un quorum del 40 per cento da parte di uno o più candidati”, dichiara il presidente Antonio Decaro. “Noi non crediamo che uno stravolgimento della legge sull’elezione diretta dei sindaci possa essere ipotizzato senza interpellare i comuni, come invece è accaduto per altri provvedimenti nella logica della leale collaborazione tra istituzioni”, aggiunge e conclude: “Speriamo che la proposta venga ritirata, anche perché andrebbe a intaccare alle fondamenta un sistema che fino a oggi ha funzionato nell’interesse dei cittadini”.
Dopo le polemiche, a quanto si apprende, il governo potrebbe invitare la Lega al ritiro dell’emendamento sui ballottaggi.
“Un intervento così rilevante, che cambia così profondamente le regole in vigore nel 70-75% dei comuni italiani, certamente avrebbe avuto bisogno di un maggior approfondimento e confronto”, ha detto a riguardo in Aula il relatore del dl Elezioni, Alberto Balboni (FdI). “E pure essendo personalmente d’accordo, perché ormai è più frequente il caso di un sindaco che vince al ballottaggio con meno voti di quanti ha preso il suo avversario al primo turno, sono anche d’accordo con chi ritiene che un tema così importante vada affrontato in altro luogo. Per questo la mia richiesta sarà quella di un ritiro ed eventualmente trasformazione in ordine del giorno“, ha spiegato.
“Raccogliamo l’invito alla trasformazione in ordine del giorno, possiamo comprendere che modificare questa norma a pochi mesi dal voto sia complicato, serve più tempo, ma per noi era importante porre questo tema. Perché spesso al ballottaggio viene eletto sindaco chi ha preso meno voti al primo turno, e su questo va fatta una valutazione”, ha quindi detto il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, annunciando il ritiro dell’emendamento che prevede l’abolizione del ballottaggio per i sindaci qualora un candidato prenda oltre il 40% dei voti. “Aiuta le aggregazioni, tutto sommato va incontro al campo largo, quindi le opposizioni dovrebbero appoggiarci. La prossima volta l’emendamento lo terremo fino alla fine e lo metteremo ai voti“, ha aggiunto Romeo.
Anche Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento al Dl Elezioni, che però riguarda le prossime consultazioni europee e dimezza il numero di firme necessarie per presentare le liste in ciascuna circoscrizione elettorale. “Limitatamente alla elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia del 2024, il numero minimo delle sottoscrizioni richiesto dall’articolo 12, secondo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, per la presentazione delle liste dei candidati in ciascuna circoscrizione elettorale, è ridotto della metà”, si legge nell’emendamento, a prima firma Marco Lisei e sottoscritto dai senatori Della Porta, Spinelli, De Priamo e Barcaiuolo.
Una richiesta di riaprire la partita sul terzo mandato arriva anche dal Partito Democratico, che ha depositato a Palazzo Madama un ordine del giorno a riguardo, escludendo però che quello del Dl Elezioni sia il provvedimento giusto per effettuare la riforma. L’odg, a prima firma del capogruppo Francesco Boccia, impegna il governo ad avviare, in raccordo con il Parlamento, con la Conferenza delle regioni e con l’Anci, secondo una logica di “ampia condivisione e collaborazione”, un percorso di riforma per superare “le criticità” emerse negli anni e a “migliorare la capacità rappresentativa e di governo” di Comuni e Regioni. In tale sede andrà affrontata “anche la questione della ridefinizione del numero dei mandati consecutivi degli organi di vertice degli enti territoriali, del rafforzamento dei ‘temperamenti di sistema’ e del ruolo e della funzione delle assemblee elettive”. Il Pd, però, rileva che il decreto Elezioni, “destinato a dettare disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024”, non è la sede per la disciplina del numero dei mandati elettivi che possono essere ricoperti dai sindaci, “si tratta, infatti, di una modifica che – incidendo in modo strutturale e sistematico sull’ordinamento di una grandissima parte dei comuni italiani e sul loro sistema – dovrebbe trovare collocazione nel quadro di una comprensiva revisione dell’ordinamento degli enti locali e della disciplina del loro sistema di governo” e, per le regioni, “della legislazione quadro adottata ai sensi dell’articolo 122 della Costituzione”.
In serata, infine, l’Aula del Senato ha dato il via libera, con 79 sì, 39 no e 6 astenuti, al Dl Elezioni, approvando il ddl di conversione del dl n. 7/2024 sulle consultazioni elettorali del 2024 e per la revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale. Il provvedimento passa ora alla Camera.