L'ipotesi di reato è quella di riciclaggio. Coinvolta anche la compagna Elisabetta Tulliani per cui sono stati chiesti nove anni di reclusione

Una vicenda controversa arrivata al capolinea. Da un lato c’è la procura della Repubblica di Roma, rappresentata in aula dalle pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace che hanno chiesto la condanna a otto anni di reclusione per l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, e nove per la compagna, Elisabetta Tulliani, per la vicenda della casa di Montecarlo. Dall’altro l’Avvocatura Generale dello Stato che ha chiesto per l’ex esponente di An l’assoluzione.

Il processo in cui Fini e Tulliani sono imputati, insieme a Giancarlo e Sergio, fratello e padre di quest’ultima, nasce nel 2008, dopo la compravendita di una casa a Montecarlo che era stata lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni al patrimonio di Alleanza Nazionale. Per Giancarlo Tulliani, la procura ha sollecitato 10 anni e cinque anni per Sergio. L’ipotesi di reato è quella di riciclaggio, l’unica rimasta in piedi, dopo la dichiarazione di prescrizione da parte dei giudici della quarta sezione penale del tribunale penale di piazzale Clodio, del reato di associazione per delinquere contestata a tutti gli imputati, tranne a Fini. Caduta anche l’aggravante della transnazionalità.

Alla requisitoria delle sostitute procuratrici, ha assistito anche l’ex ministro. “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”, le sue dichiarazioni dopo l’udienza. Parole che sono state pronunciate in lacrime, quelle pronunciate invece davanti al collegio dei giudici da Elisabetta Tulliani. “Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità”, le parole della donna. Secondo la prima ipotesi accusatoria, che venne formulata dalla Dda capitolina in merito al denaro impiegato per l’acquisto della casa, fu ipotizzato il riciclaggio perché il denaro sarebbe stato reimpiegato dalla famiglia Corallo, attiva nel settore delle videolottery, in attività finanziarie a cui avrebbero partecipato anche i Tulliani, anche per l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, di proprietà di Giancarlo Tulliani, ‘latitante’ a Dubai. La sentenza è prevista per il prossimo 18 aprile, dove però non si escludono altre repliche delle difese.

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