Vengono introdotti test psicoattitudinali per i magistrati da svolgersi “dopo il completamento delle prove orali”. È quanto prevede la bozza di decreto legislativo, in attuazione della riforma Cartabia, che dovrebbe andare lunedì all’esame del Consiglio dei ministri. Nel testo si legge che “con decreto del ministro della Giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, sono nominati esperti qualificati per la verifica della idoneità psicoattitudinale allo svolgimento delle funzioni giudiziarie“, e che “le linee di indirizzo e le procedure per lo svolgimento degli accertamenti di cui al primo periodo sono determinati dal Consiglio superiore della magistratura di intesa con il ministro della Giustizia. La verifica ha luogo “dopo il completamento delle prove orali”.
“Il ministro della Giustizia ha demandato a se stesso, ad un suo decreto che non è certo fonte normativa primaria, la disciplina dei test. Stabilirà lui dunque chi meriterà di indossare la toga di magistrato e chi no! E non basta aggiungere che il decreto sarà emanato previa delibera del Csm per nascondere la contrarietà a Costituzione di questo disegno”. Così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati, commentando la bozza di decreto del governo che introduce i test psicoattitudianli per i magistrati. “Lo sconcerto è grande, pari soltanto alla superficialità con cui si ritiene di poter intervenire in materie così delicate, così costituzionalmente sensibili, come l’ordinamento giudiziario”, prosegue la Giunta, spiegando: “Alla genericità e alla vaghezza degli annunci dei test per i magistrati, condensati in scarne osservazioni delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, pensavamo, con cauto ottimismo, che il ministro della Giustizia avrebbe risposto con la necessaria razionalità normativa. Pensavamo che, impegnato ad attuare una legge delega che non fa menzione dei test, non avrebbe percorso la strada dell’evidente eccesso di delega. Pensavamo ancora che non gli sarebbe sfuggita la palese violazione della riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario e che pertanto non avrebbe indugiato a inserire una norma vaga, priva di reali contenuti regolativi. E invece, il ministro della Giustizia ha frustrato ogni aspettativa di rispetto della cornice costituzionale”.
“Con disinvoltura che disorienta – prosegue la nota – ha aggiunto, ad un già criticabile schema di decreto legislativo, previsioni del tutto estranee alle indicazioni della delega. Ha previsto i test psico-attitudinali senza dire cosa siano, a cosa servano, come si strutturino, quali le conseguenze di un eventuale risultato negativo, quali le figure professionali che li effettueranno e li valuteranno. Ha soltanto detto che si collocheranno all’esito delle prove scritte e orali, interessando quindi i candidati che avranno superato entrambe”.“Non dunque – afferma l’Anm – uno strumento di preselezione per l’ammissione al concorso e riduzione della platea degli aspiranti ma, del tutto irragionevolmente, una terza prova. L’ultima prova, che impegnerà quanti avranno superato, anche brillantemente, le prove strettamente intese. Il ministro della Giustizia ci aveva anticipato che occorreva accelerare la procedura concorsuale anche per fronteggiare spinte verso forme semplificate di selezione, ma ora scopriamo che le scansioni concorsuali, già lunghe, si vorrebbero, in tempi di Pnrr, ancor più dilatare: forse per rendere del tutto ingovernabile la macchina concorsuale e poter cedere un domani alle suggestioni del reclutamento straordinario?”.