La ministra del Turismo: "Zero preoccupata"
Alla Camera è il giorno delle due mozioni di sfiducia Santanchè-Salvini che, soprattutto nel caso della ministra del Turismo, agitano la maggioranza.
In Aula a Montecitorio è iniziata la discussione generale della mozione di sfiducia a prima firma M5 per le vicende legate alla società Visibilia. “Avrei voluto rivolgermi alla ministra Santanchè o a qualche ministro, ma purtroppo vediamo che sono assenti – ha spiegato la deputata del Movimento, Emma Pavanelli, illustrando la mozione che chiede le dimissioni della ministra -. Evidentemente la maggioranza ha preferito tenerla nascosta”. “Siamo arrivati oggi a quattro procedimenti nei quali a vario titolo la ministra risulta coinvolta, per il momento soltanto sfiorata da accuse di concorso in bancarotta e riciclaggio, mentre personalmente indagata per falso in bilancio e per truffa ai danni dell’Inps. I fatti sono gravissimi – attacca Pavanelli – Ci chiediamo come sia possibile ritenersi meritevoli di incarichi di governo nonostante le accuse a carico. Ci chiediamo se non sia più dignitoso, anzi doveroso, un è passo indietro nell’attesa che ogni dubbio sia fugato”. “Oggi davanti a delle accuse pesantissime ci troviamo davanti all’assordante silenzio del governo e del suo partito”, aggiunge la deputata.
Santanché: “Zero preoccupata”
L’esponente di Fratelli d’Italia, finita al centro dell’indagine della procura di Milano sulla cassa integrazione Covid della società Visibilia, ha fatto sapere ieri (martedì) di essere “zero preoccupata”. “E’ un voto importante, giustamente l’opposizione fa la sua parte – ha sottolineato – rendendo però più forte la maggioranza”. Il messaggio sottinteso, con la richiesta di massima unità, sembra diretto a tutto il centrodestra, perché se è vero che i leader, dalla premier Giorgia Meloni ai due vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, si dicono certi della coesione della maggioranza e le dichiarazioni mantengono una linea garantista, non è un mistero che i guai giudiziari della ministra qualche pensiero lo stiano dando. Il timore principale è che a una bocciatura della mozione di sfiducia, possano seguire sviluppi nell’inchiesta appena chiusa, o nuovi procedimenti capaci di creare imbarazzi, nel bel mezzo di una primavera elettorale che, da qui a giugno, testerà su più livelli la tenuta della coalizione di governo. La speranza non detta è che la ministra tragga da sé le conclusioni sull’opportunità o meno di rimanere in carica, soprattutto in caso di una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Milano. Tutto considerato, se il voto slittasse alla settimana prossima o oltre, nessuno probabilmente nel centrodestra se ne dispiacerebbe.
Dal canto suo la Lega ribadisce che “i propositi di collaborazione” del 2017 con Russia Unita, dai quali è scaturita la mozione di sfiducia al vicepremier, “non hanno più valore dopo l’invasione dell’Ucraina”. “Dispiace che l’Aula debba perdere tempo per polemiche inutili e strumentali innescate dall’opposizione”, aggiunge il Carroccio che risponde alle accuse ricordando gli accordi siglati in passato con Mosca da Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Enrico Letta e Carlo Calenda: “La guerra ha totalmente cambiato i giudizi e i rapporti politici con la Russia, che prima dell’invasione era un importante interlocutore di tutti i governi italiani”. Il voto che le opposizioni assicurano alle mozioni di sfiducia non preoccupa Matteo Salvini, al quale invece qualche pensiero in più potrebbe darlo il partito. Il lavoro sulle liste per le europee scatena malumori che spingono una ventina di amministratori ed ex parlamentari, tra i quali Cristian Invernizzi e Paolo Grimoldi, a scrivere al leader. Le richieste sono nette: basta accordi “con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche”. Non piace l’Afd tedesca e non piace Roberto Vannacci: “Siamo convinti – scrivono i dissidenti – che, se le indiscrezioni sulla candidatura nelle nostre liste di personaggi con forte marcatura nazionalista, totalmente estranei al nostro movimento, fossero veritiere, renderebbero ancor più difficile il perseguimento degli obiettivi storici del partito”. Non fanno nomi, ma si capisce il ‘no’ deciso al generale che piace a Salvini.
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