Si consuma la rottura a Bari, in Piemonte si dimette Raffaele Gallo

Si discute molto di ‘campo largo’, ma io più che alla dimensione del campo sono interessato a che cosa ci si pianta in questo campo, a quali sono i fiori che ci si aspetta di veder sbocciare perché è quello ciò che conta per i cittadini”. Mentre a Bari si registra la rottura tra dem e M5s, e in Piemonte il Movimento schiera una propria candidata alla presidenza della Regione (col Pd che invece deve fare i conti con le dimissioni del capogruppo regionale Raffaele Gallo per i fatti legati all’indagine ‘Echidna’ della Dda di Torino), Walter Veltroni mette l’accento su quale debba essere lo scopo finale di un’alleanza nel centrosinistra che stenta a decollare. Secondo l’ex segretario, infatti, il vero punto non è tanto “la dimensione del campo, ma la bellezza del fiore politico, programmatico, culturale, valoriale che si è capace di generare”. “Se questo fiore appassisce o sfiorisce e non è in grado di esprimere quella meravigliosa avventura democratica che è il riformismo, se questo fiore si connota di populismo, di moderatismo, perde la sua identità – evidenzia l’ex sindaco di Roma -. Quindi oggi secondo me il tema non è quanto è grande la dimensione dell’area ma che cosa si vuole fare”.

Allo stato attuale, e alla luce dei botta e risposta a distanza tra la segretaria dem Elly Schlein e il leader M5s Giuseppe Conte, immaginare una ricomposizione della frattura che si è registrata in seguito alle inchieste pugliesi appare quantomeno complesso. A spingere per un riavvicinamento è però Angelo Bonelli (Avs) che ricorda come “una parte consistente di persone si aspetta e pretende che tra le opposizioni ci sia dialogo e cooperazione. Abbiamo una destra che sta aggredendo diritti sociali e ambientali mentre la povertà aumenta abbiamo il dovere di costruire l’unità. Non farlo sarebbe imperdonabile”.

Decisamente diverso il punto di vista del leader di Azione, Carlo Calenda, che mette in guardia i dem dalle mire dell’ex premier: “Quello che veniva chiamato, non da me ma dal Pd, il ‘burattino nelle mani di Salvini’, ora viene definito come grande punto di riferimento dei progressisti. Io credo che il Pd stia pagando questo trasformismo, e credo che è molto chiaro quello che vuole fare Giuseppe Conte: vuole diventare il capo del centrosinistra. E se non dovesse riuscisci non avrebbe nessun problema a riallearsi con Salvini”. Secondo Calenda, il ragionamento è condiviso da “tutti” nel Pd, ma “il problema è che non sanno più come uscirne perché in molti posti non giocano la partita senza il M5s. E quindi devono sottostare a quello che gli dice Conte. E’ un peccato perché il Pd ha una classe dirigente capace, soprattutto a livello locale, ma poi rimane confinata lì. Non si possono far dare lezioni da Conte”. 

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