Da Storace a Mastella fino a Salvini: i ministri nella bufera

Numerosi i membri di governo coinvolti in indagini, costretti a dimettersi per motivi di opportunità politica

La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, indagata a Milano per falso in bilancio in relazione al gruppo Visibilia, non è un caso isolato nella storia recente. Sono stati numerosi infatti i membri di governo coinvolti in indagini e – nella stragrande maggioranza dei casi – si sono dovuti per questo dimettere, per motivi di opportunità politica.

Santanchè ha già superato una prima mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni nei suoi confronti, ma d’altra parte c’è stato un solo caso in cui una mozione di sfiducia fu accolta: il 19 ottobre 1995 il Senato la approvò per il ministro della Giustizia, Filippo Mancuso, membro del governo tecnico guidato da Lamberto Dini. Nel terzo governo Berlusconi fu il ministro della Salute, Francesco Storace, a dimettersi nel marzo 2006 per il suo coinvolgimento nell’inchiesta ‘Laziogate’ della procura di Roma. Storace, del partito ‘La Destra’, era indagato per associazione a delinquere insieme con alcuni suoi ex collaboratori, perché accusato di aver spiato a livello informatico alcuni avversari politici mentre era presidente del Consiglio regionale del Lazio. Condannato in primo grado, fu poi assolto in appello nel 2012.

Ben più impattante a livello politico fu il caso di Clemente Mastella, le cui dimissioni e la conseguente uscita dell’Udeur dal secondo governo Prodi causarono di fatto la caduta dell’esecutivo. Mastella a gennaio 2008 si dimise da ministro della Giustizia perché accusato di concorso esterno in associazione a delinquere dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. L’attuale sindaco di Benevento fu poi assolto nel 2017.Il 4 maggio del 2010 fu Claudio Scajola a dimettersi dall’incarico di ministro dello Sviluppo economico del governo guidato da Silvio Berlusconi a seguito dello scandalo relativo all nota vicenda della casa vicina al Colosseo pagata “a sua insaputa”.

Il 26 gennaio 2014 la ministra dell’Agricoltura del governo Letta, Nunzia De Girolamo, si dimise accusando il governo di non aver difeso la sua onorabilità: De Girolamo era coinvolta in un’inchiesta per una questione relativa agli appalti per il servizio del 118 a Benevento. Rinviata a giudizio nel 2016 fu poi assolta in primo e secondo grado.

Pochi mesi prima, sempre durante il governo guidato da Letta, si era dimessa nel 2013 la ministra dello Sport e delle Pari opportunità Josefa Idem, finita sotto i riflettori per una vicenda di Ici non pagata. Nel governo successivo, quello guidato da Matteo Renzi, a seguito delle vicende connesse allo scandalo dell’inchiesta ‘Grandi opere’, in cui comunque non era indagato, si dimise il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi. L’indagine vedeva coinvolte alcune persone vicine a lui o che avevano collaborato con il suo ministero, accusate di corruzione. Lupi preferì lasciare l’incarico il 20 marzo 2015, un giorno prima che alla Camera si svolgesse il voto sulla mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti da M5S e Sel. Nell’ambito dell’inchiesta ‘Appaltopoli’ fu accusato di “aver procurato degli incarichi di lavoro” al figlio Luca, ma al termine delle indagini non fu rinviato a giudizio.

L’ultimo in ordine di tempo, Matteo Salvini: l’attuale vicepremier venne indagato il 7 settembre 2018 dalla Procura di Palermo per sequestro di persona e abuso d’ufficio per non avere permesso lo sbarco dei migranti della nave Diciotti nei porti italiani durante l’estate del 2018, quando era ministro dell’Interno. Il 1º novembre 2018 la Procura chiese l’archiviazione del caso. Nell’ambito del caso Open Arms, invece, il 17 aprile 2021 il giudice dell’udienza preliminare dispone il rinvio a giudizio per la vicenda, accogliendo la richiesta della Procura di Palermo, e il processo è tuttora in corso.