Da Fratelli d'Italia e Meloni nessuna richiesta ufficiale di dimissioni
“Cautela”: questa la parola d’ordine nel governo sull’inchiesta che coinvolge il governatore ligure Giovanni Toti e sull’ipotesi di azzerare la giunta e andare al voto. Se l’opposizione insiste nel chiedere un passo indietro di Toti, nella maggioranza resta la linea attendista.
Nordio: “È una bestemmia il fatto che l’indagato debba dimostrare la sua innocenza”
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si appella alla Costituzione e ai suoi principi garantisti: “Attenderemo i risultati di eventuali impugnazioni. Mi ha colpito il commento di qualcuno che si attende che l’indagato dimostri la sua innocenza, ma questa è una bestemmia in una civiltà democratica dove è l’accusatore che deve dimostrare la colpevolezza della persona indagata. Aspettiamo gli esiti della fisiologica dinamica del processo”. Il leader leghista Matteo Salvini è tranchant: “Se qualunque indagato si dovesse dimettere domani c’è l’Italia ferma”. Il difensore di Toti, Stefano Savi, ha confermato che il governatore “ci starà pensando” ma “è una decisione politica che una persona che è inserita in un contesto politico non può certo prendere da sola, senza avere un confronto”. Un confronto con la maggioranza però allo stato viene escluso, secondo fonti parlamentari.
Da FdI e Meloni nessuna richiesta ufficiale di dimissioni
Da Fratelli d’Italia e dalla premier Meloni nessuna richiesta ufficiale di dimissioni arriverà, almeno per ora. Ma il fattore tempo e gli sviluppi dell’inchiesta saranno determinanti. Da un lato, a un mese dalle elezioni, le ragioni della campagna elettorale sconsigliano di aprire il capitolo Liguria. Dall’altro è sotto osservazione il filone dell’inchiesta che riguarda i legami con la criminalità organizzata: se questo dovesse sfiorare in qualche modo il governatore – è il ragionamento in ambienti parlamentari – allora la sua posizione sarebbe politicamente meno difendibile.
Lo scontro sulla magistratura
Ma l’inchiesta ligure riapre lo scontro sulla magistratura. Il ministro Crosetto pubblica sui social un dialogo, che definisce “surreale” con un interlocutore che non identifica e al quale replica di avere il coraggio di dire ciò che pensa sui magistrati. E Salvini rincara: “Vorrei sapere se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato”. A stretto giro arriva la replica del Pd: “Il pizzino del ministro della Difesa inviato attraverso i social e le dichiarazioni incendiarie del vicepremier contro i magistrati sono la conferma che il governo ha una strana interpretazione della separazione dei poteri, della leale collaborazione istituzionale, della indipendenza e autonomia della magistratura”, attacca Debora Serracchiani che si rivolge alla premier: “Meloni richiami immediatamente il vicepremier e il ministro della Difesa che oggi hanno superato il limite. O forse lei condivide le offese e gli attacchi alla magistratura?”.
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