Europee, le sfide nella sfida: Meloni cerca conferme, derby Fi-Lega e Schlein-Conte

Nella partita delle elezioni dell'8 e del 9 giugno, i partiti di casa nostra si giocano tanto anche sul fronte interno

Famiglie europee, alleanze e nuove maggioranze a Bruxelles, certo. Nella partita delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, però, i partiti di casa nostra si giocano anche altro. Tante le sfide nella sfida.

Meloni e il suo “26% e sto”

Giorgia Meloni ha dichiarato apertamente che alle prossime Europee si accontenterebbe di bissare il 26% ottenuto nel 2022 che l’ha consacrata premier. “Confermare la fiducia che gli italiani hanno accordato a Fratelli d’Italia alle elezioni politiche, dopo un anno e mezzo di governo, vorrebbe dire che stiamo facendo bene“, il suo ragionamento. Ogni voto in più consacrerebbe un trend di crescita (FdI era al 6,46% alle Europee del 2019) e potrebbe però aprire una partita interna con gli alleati se il consenso della premier si consumasse ‘a scapito’ degli alleati Lega e FI. Sulla carta la leader FdI, ‘Giorgia’, è tra i candidati a vincere il premio preferenze. Le opposizioni, di contro, ‘sperano’ in uno ‘zero virgola’ in meno delle Politiche: sarebbe un ‘segnale’ da cui ripartire in vista del voto per il prossimo Parlamento nel 2027.

Schlein cerca il 22,7% per eguagliare Zingaretti

Sul lato Pd, Elly Schlein ha due possibili dati storici da guardare. Il ‘bottino minore’ sarebbe quello di superare il 19,4% ottenuto da Enrico Letta alle Politiche del 2022. Per ‘blindare’ la guida del Nazareno, però, assicurano i dem, la leader deve guardare al 22,7% raggiunto dal Pd alle Europee del 2019, quando segretario era Nicola Zingaretti, Carlo Calenda era capolista nel Nord Est e Matteo Renzi non aveva ancora fatto la scissione per fondare Iv. Altra sfida nella sfida, la competizione interna con il M5S: accumulare vantaggio nei confronti di Giuseppe Conte consentirebbe a Schlein di consacrarsi ‘leader dell’opposizione’ in vista del 2027. Anche il toto preferenze è particolarmente attenzionato dai democratici: Schlein è candidata capolista in due circoscrizioni (Centro e Isole); poi, tra i più quotati, ci sono il sindaco di Bari Antonio Decaro, Nicola Zingaretti, Dario Nardella.

Conte spera di ‘tallonare’ il Pd

Il M5S ha alle spalle il 17% delle Europee 2019 e il 15,4% delle Politiche 2022. Giuseppe Conte, che ha puntato tutto sul tema della pace, ha bollato come “eccessivamente scaramantico” l’obiettivo 10% fissato da Stefano Patuanelli. La sfida, in ogni caso, servirà anche all’ex premier per dare una collocazione europea al Movimento. Guardando ai rapporti di forza in casa nostra, invece, il M5S punta a ‘tallonare’ o, per lo meno, a non perdere troppo terreno rispetto al Pd.

Salvini spera in Vannacci

È lontano il 34,33% raggiunto dalla Lega alle Europee del 2019. Matteo Salvini lo sa e ha puntato tutto sul generale Roberto Vannacci. Se sarà il mister preferenze del Carroccio, anche i malumori interni potrebbero tacere. C’è poi il ‘derby’, interno al centrodestra, con Forza Italia. I due vicepremier, lui e Antonio Tajani, si sfidano per essere il secondo partito della coalizione.

Tajani mette la freccia per sorpassare la Lega

Tajani, nella prima elezione europea senza Silvio Berlusconi, sogna di superare la Lega. L’obiettivo dichiarato (anche grazie all’alleanza con Noi moderati di Maurizio Lupi) è la doppia cifra (FI si fermò all’8,7% nel 2019 con il Cavaliere candidato in tutte le circoscrizioni), che consentirebbe agli azzurri di acquisire un peso specifico maggiore anche all’interno del Governo.

Stati Uniti d’Europa e Azione, sfida per il 4%

La sfida al centro è tra gli Stati uniti d’Europa – lista sottoscritta da Più Europa e Italia viva – da una parte e Azione dall’altra. Matteo Renzi e Emma Bonino, così come Carlo Calenda, puntano a superare la soglia di sbarramento del 4%. Spera nel 6% il leader di Iv, punta al 5% il segretario di Azione, l’uno con un occhio al risultato dell’altro.

Avs, corsa oltre lo sbarramento per eleggere Salis

La sfida dell’Alleanza Verdi Sinistra è, soprattutto, quella di Ilaria Salis. Per Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli superare il 4% significa infatti anche consentire all’insegnante 39enne ai domiciliari in Ungheria di traslocare da Budapest a Bruxelles e affrontare il processo in libertà.

La gara delle preferenze

Il sistema proporzionale con preferenze fa sì che – di fatto – sia un tutti contro tutti. Raggranellare un bel gruzzolo di voti consentirebbe a Meloni di consolidare la sua leadership, a Schlein di tenere il partito fino alle Politiche, a Vannacci di farsi spazio nella ‘nuova’ Lega di Salvini, a Salis di lasciare i domiciliari. Non figura tra i candidati il nome di chi, invece, riempie i retroscena della politica in vista della scelta dei nuovi leader dell’Ue. Mario Draghi non è sulla scheda, ma in tanti invocano il suo “whatever it takes”.