Tutti i gruppi di opposizione hanno lasciato l'Aula al momento del voto sul disegno di legge costituzionale

Il Senato approva il cuore della riforma sul premierato: l’articolo 5 del disegno di legge, che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio e introduce in Costituzione il premio di maggioranza per le liste collegate. Il voto è avvenuto per alzata di mano. 

Tutti i gruppi di opposizione hanno lasciato l’Aula del Senato al momento del voto sull’articolo 5 del disegno di legge costituzionale sul premierato, che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio e il premio di maggioranza in Costituzione. L’articolo è stato approvato per alzata di mano senza la partecipazione al voto dei gruppi di minoranza.

La Russa: “Voto finale il 18 giugno nel pomeriggio”

“Abbiamo trovato una intesa concreta, abbiamo allargato i tempi eventuali di dibattito e andiamo a chiudere martedì pomeriggio i lavori sul premierato, con inizio delle dichiarazioni di voto alle 15 o 15.30. Da qui ad allora contiamo di finire l’esame del provvedimento”. Così il presidente del Senato Ignazio La Russa, parlando con i giornalisti al termine della capigruppo, che ha fissato il voto finale sul provvedimento al 18 giugno, data inizialmente solo ipotizzato.

Le tensioni in Aula

In precedenza ancora tensioni in Aula al Senato nella discussione sul Premierato. Dopo l’intervento del capogruppo del Pd Francesco Boccia, che ha chiesto l’immediata convocazione della capigruppo, dai banchi dell’opposizione si sono levati cartelli con la scritta ‘bavaglio’ alla democrazia e ‘a me no’, citazione delle ultime tre parole pronunciate in Aula da Giacomo Matteotti. La vicepresidente di turno Licia Ronzulli ha sospeso l’Aula.

All’ordine del giorno c’era l’esame degli emendamenti sul Premierato con la votazione di quelli relativi all’articolo 5, che costituisce il cuore della riforma costituzionale, con l’elezione diretta del presidente del Consiglio e il premio di maggioranza alle liste collegate. Ieri sono stati votati e bocciati, con il ricorso al canguro – strumento che accorpa la votazione di emendamenti da contenuto simile – circa la metà dei 1.200 emendamenti presentati dalle opposizioni.

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