Ascoltare, valutare, infine decidere come votare. Con un solo obiettivo: portare a casa il massimo risultato possibile per l’Italia. È il punto fermo che Giorgia Meloni ripete da settimane e che resta sul tavolo delle trattative nel poco tempo che manca alla sessione plenaria in programma giovedì a Strasburgo, col Parlamento chiamato a decidere se dare il via libera al bis di Ursula von der Leyen. Contatti ufficiali tra quest’ultima e la presidente del Consiglio ancora non ci sono stati anche se da palazzo Chigi non si esclude un colloquio telefonico nelle prossime ore. La presidente uscente della Commissione europea prenderà la parola giovedì mattina e illustrerà la sua visione di Europa per riuscire a convincere almeno 361 deputati (su 720) a votarle la fiducia. Martedì mattina intanto incontrerà i conservatori di Ecr, il gruppo presieduto proprio da Meloni che all’ultimo Consiglio europeo dove è stato approvato il pacchetto sui ‘top jobs’ si è astenuto sul bis di Ursula. Astensione che potrebbe riproporsi anche giovedì a Strasburgo.
Intanto, in vista dell’appuntamento, Antonio Tajani, vicepremier e segretario di FI (che fa parte della famiglia del Ppe), ricorda che von der Leyen dovrà fare il discorso programmatico. “Ascoltiamola” è quindi l’invito che rivolge a tutti, spedendo un messaggio proprio ai Conservatori: “Badiamo ai contenuti”. A Meloni, come detto, sta a cuore il ruolo dell’Italia nell’Europa dei prossimi cinque anni, con una trattativa che punta perciò a ‘strappare’ quantomeno un commissario con deleghe di prima fascia, sperando di arrivare anche ad occupare una vicepresidenza operativa. L’uomo giusto per Bruxelles dovrebbe essere il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto che lunedì a Roma ha incontrato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue Valdis Dombrovskis discutendo di Pnrr e politica di coesione. A osteggiare apertamente una riconferma di von der Leyen è invece l’altro vicepremier Matteo Salvini. Il segretario della Lega, d’altronde, nei giorni scorsi ha aderito al nuovo gruppo dei Patrioti lanciato da Viktor Orban ed è impegnato “per cambiare questa Europa troppo lontana dai cittadini e troppo vicina alle banche e alla Cina”. Non solo, Salvini anche sul dossier Ucraina ultimamente si è spesso distinto dalla linea del governom rilanciando il concetto “più armi inviamo più la guerra va avanti”. Un ragionamento che però, assicura, non comporta “nessuna divergenza” con Meloni. Quindi all’orizzonte nella maggioranza “non ci sono vertici e nessuna discussione in corso”, né tantomeno “crisi o litigi” che vengono etichettate come “fantasie”.